Lagoa Capivara
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Il viaggio si è svolto ad agosto, il periodo migliore per visitare il deserto di dune con le lagune al suo massimo splendore. Durante la stagione secca il clima è si caldo ma essendo deserto particolarmente secco e ventoso, quindi ideale per la visita anche per il fatto che le lagune sono al loro massimo di capacità. Nonostante si sia a ridosso dell’oceano le lagune sono di acqua dolce, temperatura dell’acqua gradevole, occorre nuotare per non sprofondare, non fatevi l’idea di essere al mare data la vicinanza e la tanta, tantissima sabbia dai mille colori. Per entrare in Brasile è sufficiente il passaporto con validità di almeno 6 mesi, è concesso un periodo di permanenza di 90 giorni. La moneta in uso è il real, al tempo del viaggio indicativamente 1€=4,2r oppure 1$=3,7r, i bancomat sono diffusi, ma in realtà la maggior parte dei pagamenti è fattibile con carta di credito, i brasiliani la usano anche per importi ridottissimi dall’equivalente di 1€. In caso di cambio valuta il $ è meno penalizzato dell’€ ma si tratta di piccole differenze. Tutti i prezzi riportati sono a persona quando non specificato. La lingua è sempre il portoghese declinato alla brasiliana, l’inglese è parlato solo da poche persone, giusto qualche guida, uscendo dalle grandi città nemmeno i proprietari degli alberghi lo parlano, raramente si può far ricorso allo spagnolo, nel dubbio meglio parlare lentamente italiano.
L’ultimo dei problemi è di rimanere a parte dagli accadimenti del mondo una volta che si fa tappa presso alberghi o ristoranti, il wi-fi è ovunque, a volte libero, ovvio che nel bel mezzo del deserto o nel delta del Parnaíba scordatelo. I prezzi di rado sono trattabili come nel resto del Sudamerica, la benzina costa poco più di un € al litro, molto utilizzato anche il bioetanolo. Per muoversi tra parchi, deserti e delta occorre affidarsi ad operatori locali, i mezzi pubblici girano al largo da questi luoghi, servirebbe tempo infinito e i costi se non programmato nulla anticipatamente lieviterebbero. Nel nostro caso con un operatore di zona avevamo fissato in anticipo gli spostamenti, gli alloggi invece prenotati autonomamente via booking. In alcune zone, vedi Atins o Santo Amaro, occorre muoversi con largo anticipo poiché la ricettività è limitatissima
In agosto il turismo interno è scarso, i brasiliani fanno le vacanze alla fine dell’anno, alcuni luoghi possono apparire abbandonati, con pochi servizi ma questo va tutto a vantaggio dell’autenticità del luogo, poco battuto da visitatori internazionali. C’è una forte differenza climatica tra i Lençóis, il delta del Parnaíba e le città a nord, São Luís e Alcântara, pochi chilometri per ritrovarsi nell’umido più intenso.
Dimenticate il Brasile del samba, qui la cultura è quella africana, la musica il reggae e l’idolo Bob Marley, più facile trovare t-shirt con la scritta Giamaica che Brasil, unico riferimento costante ovunque voi siate, le havaianas, che non mancano nemmeno nei negozi di alimentari, potrete andare alla ricerca di pezzi da collezione tra più di 200 modelli diversi e prezzi che variano in modo totalmente illogico. Probabile che il PIL del Brasile alla voce ciabatte s’impenni.
Nel delta del Parnaíba
1° giorno
Arrivato a Roma in anticipo di qualche giorno, di prima mattina raggiungiamo l’aeroporto in auto, usufruendo di uno dei numerosi parcheggi nei dintorni di Fiumicino a prezzi concorrenziali (Parking Way, 44€ x 17 giorni) e con la navetta compresa nel prezzo raggiungiamo in 5’ l’area partenze internazionali. Avevamo fatto il check-in on line ma occorre comunque depositare il bagaglio, e visto che ormai quasi tutti si muovono in questa maniera la fila sarebbe più corta per chi non fa check-in anticipatamente. La fila ai controlli passaporto e personale è velocissima, così accediamo con largo anticipo al gate per il volo TAP destinazione Lisbona. Volo in ritardo di 40’ (2:30) con un A320 dove è servito un veloce pranzo. Nella capitale lusitana il controllo elettronico del passaporto azzera la fila, il wi-fi è di facile accesso e noto come si acceda direttamente al gate senza nessun ulteriore controllo bagaglio a mano e personale. Il volo TAP destinazione Fortaleza è con un A330, 7h per 5.910km, schermo personale ma non grandissima scelta di opzioni d’intrattenimento, come va segnalata la mancanza di connessioni per ricaricare apparecchiature elettriche. Serviti 2 volte di cibo, bevande a volontà, niente kit confort, ma coperta sì, fondamentale perché la temperatura pare adatta a pinguini magallanes. Una volta atterrati nonostante una lunga coda al controllo passaporto la fila è sbrigata velocemente, i bagagli già girano ai nastri di riconsegna e con un minivan siamo prelevati e portati all’hotel Golden Fortaleza sul lungomare in pieno centro situazione di cui non godremmo minimamente (120r, wi-fi, piscina x chi ne avesse tempo, così come il centro benessere). E’ già notte quando prendiamo possesso della camera dopo aver già cambiato parte dei soldi in valuta locale, all’ora tarda vanno aggiunte 5 ore di fuso orario, una recuperata a Lisbona, le altre 4 nella trasvolata atlantica.
La costa del Ceará a nord di Fortaleza
2° giorno
Sveglia di prima mattina, ha piovuto (l’unica pioggia del viaggio) ma il tempo si è già rimesso al bello regalando una bella vista della baia dal 5° piano dell’hotel compreso un campo da basket sottostante disegnato modello scacchiera. Colazione faraonica, così ci si mette avanti coi lavori, poi con jeep 4x4 in ottimo stato si parte verso nord attraversando Fortaleza, stato del Ceará. Terminata la città alla prima stazione di rifornimento stop per sgonfiare le gomme, per oggi l’asfalto è terminato. Si prendono piste lungo la costa tra dune e spiaggia, primo stop alla Lagoa Cauipe, laguna dotata di vari servizi prossima all’oceano, così da famigliarizzare con quanto diventerà comune nei prossimi giorni. Lungo il percorso incontriamo piccoli gruppi di pescatori con le loro minute imbarcazioni, molto bello lo scenario nel passaggio del Rio Curu su piccola chiatta subito dopo Paracuru. Nei dintorni di Lagoinha tappa a Quebra Mar Dunas de Lagoinhao per scendere sul mare e sosta a Cardapio presso Posada Viva Sol. Per chi vuole rifocillarsi ogni specialità di mare, per chi vuole fare un giro sulle vicine dune altra possibilità, come farsi un bagno in oceano. Da qui si riparte direzione nord, al momento del tramonto approfittiamo di una delle tante dune qui presenti per goderci il primo di una lunga serie di tramonti da cartolina. Il sole sparisce rapidamente, Jericocoara dista ancora oltre 2 ore di strada, la prima su asfalto (CE-085) rientrando all’interno, l’ultima parte tutta su sabbia, Jeri come viene comunemente chiamata da tutti qui è una vera e propria città costruita interamente sulla sabbia. Ci si accede entrando nell’omonimo parco nazionale, nel fitto reticolo si stradine le jeep ci accompagnano a destinazione presso Pousada Canaã (90r con colazione, wi-fi, aria condizionata, piccola piscina, amache, in un clima familiare e con i giovani gestori che parlano inglese). Preso possesso delle camere subito in perlustrazione della città, prima opzione cena, ma qui i locali non mancano, ceno in maniera veloce presso Sabor Jeri (30r) per passare ad una rapida visione notturna della città, animatissima. Nella zona sulla spiaggia le piccole baracchine mobili servono a ciclo continua cocktail e bevande, il notorio clima freakkettone lascia un po’spazio alla moltitudine dei turisti ma il luogo rimane comunque sereno e particolare, quando mai un’intera città si muove al ritmo dell’oceano e vive interamente sulla sabbia? Temperatura ottima pure di sera, sarà deserto ma non avviene lo scambio termico tipico di quest’ambiente, le vie del centro sono quasi a totale disposizione dei pedoni, qualche rara dune buggy o qualche quad attraversano la folla, ma sempre a velocità ridottissima e facendosi sentire, un mondo tutto suo quello di Jeri.
Tramonto a Jeri dalla Duna do Pôr do Sol
3° giorno
Gli spazi per colazione sono ridotti, la scelta no, e tutto viene preparto al momento da anziane addette che supportano la giovane coppia di gestori, di prima mattina a riposarsi…Questa mattina la più classica delle escursioni a Jeri, gita in dune buggy (300r a mezzo x circa 4h, ci si può stare fino a 4, 3 sul cuscino posto sulla carrozzeria posteriore, il quarto nel posto del navigatore). Preparatevi a mangiare tanta sabbia, ma ne vale la pena. Si esce dalla città lentamente, siamo in un parco nazionale, incontrando qualche timida civetta che si deve essere persa, prendendo a est della città, si percorrono le spiagge fino all’albero di mangrovie, Árvore da Preguiça, che pare una gigantesca capigliatura (per scattare foto armatevi d’infinita pazienza, tutti gli escursionisti di Jeri passano da qui di prima mattina). Da qui proseguiamo per la Lagoa Azul dove poter far tappa, laguna dotata di servizi tra cui amache, sdrai e poltrone in acqua, ristorazione, insomma qualsiasi comodità, bordeggiandola si prosegue per la più grande Lagoa do Paraíso, bello il percorso per arrivarci, molto più turistica, vi si accede passando per veri e propri stabilimenti balneari dotati di qualsiasi servizio. Per chi non vuole starsene tutto il tempo nell’acqua, dolce e temperata, pure qui il giro della laguna non è male. Ma il vero spettacolo del giorno è il rientro attraverso il parco dove si attraversano le dune più belle di sabbia bianchissima con le prime vere lagune all’interno. Qualsiasi mezzo deve passare solo nelle vie indicate, non si può salire sulle dune, lo si fa solo a piedi, occorre proteggersi dalle folate di vento che portano sabbia come fosse un coltello, ma poco male, lo scenario è una favola, si può rotolare giù dalle dune fino ad entrare nelle lagune, questo sì consentito. Abbiamo tempo per goderci questo primo spettacolo della natura, per chi vuole si riesce ad incastrare un’altra escursione. Rientrati in paese, largamente dopo le 4 h previste, abbandoniamo le dune buggy per andare a piedi alla Pedra Furada, un arco naturale nel mare che si raggiunge con una facile camminata di 1,2km in leggera ascesa su percorso misto erba-sabbia, dall’apice della collina una discesa non banale se in infradito porta direttamente a questa grande pietra forata con vista su di un oceano alterato. Più bello rimirare il panorama ed il tramonto lungo la camminata che l’arco in se, per chi proprio non ce la facesse, da Jeri fino al punto più alto della camminata si può noleggiare un calesse trainato da un asino (non conosco il prezzo, non utilizzato, vedendone lo stato penso che le fatiche risparmiate alle gambe passino al fisico intero data la scomodità del mezzo). Rientrati in pousada la piccola piscina serve come relax per gambe e piedi mentre si può gustare ananas o altra frutta che le instancabili signore propongono in attesa dell’uscita per cena. Questa la consumiamo alla grande nello splendido Tamarindo (80r), gustando un polpo da urlo e gamberetti di alto livello. Impossibile non terminare la serata con la classica vasca verso la spiaggia, anche se meglio della sera precedente ci si accorge che l’area è quasi tutta gremita da turisti, i locali evidentemente vanno in altre zone se non a riposarsi per essere pronti di mattina nelle tante attività turistiche che li coinvolgono.
Lagoa Tatajuba
4° giorno
Colazione sempre di alto livello e ottima quantità, poi grazie ai servigi dell’hotel una guida viene a contrattare direttamente qui per definire un’escursione in quad. E’ cileno, così evitiamo il problema della lingua, per un ottimo CF 450 4x4 cambio automatico in ottimo stato chiede 300r x un giro di 4h compreso di guida. Trattare qui ha poco esito se non per perdere tempo, si desiste velocemente e si parte dopo poche nozioni base (nel mio caso non è la prima volta che utilizzo un mezzo del genere nemmeno nel mezzo delle dune, ma la prima su dune così sabbiose e per nulla compatte). Poichè il parco nazionale non è attraverabile se non lungo le vie di entrate ed uscita optiamo per un percoso simile a quello del giorno precedente passando però in una zona di dune accessibili, verso Barrinha. Presa velocemente la mano al mezzo, muoverci in questi scenari in autonomia è uno spettacolo, il CF veramente ottimo, così dopo alcune tappe già affrontate il giorno precedente e dopo aver fatto rifornimento a Preá (a Jeri non ci sono benzinai) prendiamo per le dune tra Castelanho e Taboleiro. Data la consistenza molto soffice la prima regola è gas a manetta, e se te lo dice la guida vuoi non metterlo in pratica? Soste però ne dobbiamo fare, lo scenario lo merita e alcune foto sono obbligatorie, qualche delucidazione per come scendere dalle dune lungo le vie più verticali e via da provetti quaddisti. Luis ci porta sulla spiaggia, tempo per un bagno o per pranzare da un suo amico, Belo, proprietario della Barrca do Belo dove scegliersi un’aragosta a piacimento (25r quelle medie, 35r quelle grandi). Belo, da vero proprietario sudamericano non fa nulla, lavora la famiglia, lui conversa con amici oppure gioca a carte, tutto scorre con serenità in questo angolo che Luis decrive come Jeri 25 anni fa. Il nostro giro però non è terminato, rientriamo via lagune, prima Azul poi Paraíso, ed una volta presa confidenza col quad è un gran andare, soprattutto quando arriviamo nel parco nazionale e possiamo attraversarlo (senza salire sulle dune) girandocelo a nostro piacimento. Rientrati in hotel aiuto Luis nel riportare i 2 quad a nolo al suo ufficio, 2 giri per Jeri in più, mentre le 4h hanno leggermente debordato senza però nessuna richiesta di adeguamento prezzi. Jeri non è Jeri se non si rimira il tramonto del sole dalla Duna do Pôr do Sol, trovarla non è certo complesso, basta seguire il flusso costante di gente che sale ben prima del tramonto. Situata 500m a sud-ovest del centro cittadino, domina la città e volge all’oceano, mentre dietro di se l’immensità del parco nazionale, già il luogo è bello di suo, quando il sole lo illumina orizzontalmente sembra che prenda fuoco. Quando la palla infuocata del sole si immerge nell’Atlantico un applauso lo saluta, senza fretta (del resto cos’altro c’è da fare qui?) lo sciame di gente scende in città lungo la spiaggia che tra passeggiate a cavallo e alcuni resti di imbarcazioni dona ulteriori spunti fotografici per far risaltare ulteriormente il luogo. Sabbia, sabbia in ogni dove, da qui la parola simbolo di un viaggio del genere da Fortaleza a São Luís, sabbione!!! Rientrati in hotel, tempo di doccia e poi cena, trattandoci sempre molto bene cambiamo però destinazione, Rest. Pescador (80r), sempre alta qualità ma servizio certamente più lento e macchinoso. Terminata la cena la promessa festa samba-rock altro non è che una minimale esibizione del sosia locale di Elvis Presley, prescindibile, solita vasca e rientro in hotel per una nuova giornata da asfalto zero. Va detto che Jeri è sì tutta sulla sabbia ma ben compatta, per nulla difficoltoso girarci pure a lungo, non sarà così sempre in seguito.
Capitan Brasile sul traghetto del rio Preguiça
5° giorno
Terminata la ormai canonica abbondante colazione tempo di saluti coi gestori dell’allegra pousada e via con le jeep lungo la costa, si percorre la spiaggia passando tra dune e lagune, un anticipo di quanto s’incontrerà, già questo scenario pare molto spettacolare, chissà cosa ci attenderà. L’attraversamento del Riacho Tucunduba avviene su chiatta, l’autista ci chiede di rimanere in auto, ma ovviamente lo scenario ci porta a terra e saliamo sulla chiatta a piedi, poco male alla fine. Oltrepassato il fiume iniziamo a girovagare tra le dune con discese mozzafiato, dune color giallo-ocra, quest’area è attrezzata per il turismo, in alcune lagune è possibile gettarsi dalla sommità delle dune su piccole tavolozze a volo d’angelo, la discesa è irrorata con acqua e si scivola facilmente, il costo è di 10r, ma il biglietto cumulativo di più corse è la prassi. Non lontano dista la Lagoa Tatajuba, non una singola laguna ma un complesso di lagune verdissime dove poter fare svariate attività, dal lancio con tavoletta a quello con tirolesa, ma anche iniziare a perdersi camminando tra le dune o gustarsi aragoste e pescado del giorno nei tanti ristoranti a bordo laguna con sedie, sdrai e amache in acqua. Si riparte sempre percorrendo dune e spiaggia fino al passaggio sul Rio Coreaú, fattibile con un traghetto lento su di un estuario mosso (10r, 10’). Si sbarca a Camocin, continuiamo su asfalto entrando nello stato del Piauí oltrepassando Parnaíba per far tappa a Port do Tatus, ultimo lembo di terra dell’Ilha Grande. Qui carichiamo gli zaini su di un’imbarcazione per entrare a tutti gli effetti nel grande delta del Parnaíba, il secondo fiume del Brasile, di cui il solo delta misura un decimo dell’Italia. Iniziamo la navigazione al tramonto su di una chalana (barca coperta solo per persone, lenta, molto lenta), colori affascinanti con sullo sfondo lontano la foresta, il fiume in alcuni punti pare un mare, per giungere dopo oltre un’ora di navigazione all’Ihla Canaria presso la Pousada Recanto dos Passaros (125r con colazione, wi-fi non un missile né stabile ma possibile, nessuna connessione telefonica) sbarcando nel buio totale dopo aver dovuto affrontare la bocca del fiume nei pressi dell’oceano ad andatura ridottissima. Siamo entrati nel Maranhão, il terzo stato brasiliano toccato, quello dove faremo tappa più a lungo. Sistemati nel bel posto formato da varie unità abitative nel grande cortile della pousada, come prima operazione va ordinata la cena che ci sarà servita una volta rientrati dall’escursione serale. Qui a parte questa pousada non c’è nulla, o meglio, un numero non identificato di fauna locale, altro non pervenuto. Ci aspetta la navigazione tra i canali alla ricerca dei caimani che abitano le acque, un lento muoversi nel delta, la prima parte a motore, la seconda a remi per non disturbare gli animali. All’inizio nel buio totale pare una gita fantozziana, i barcaioli però hanno i loro luoghi di riferimento, e pian piano iniziamo a scorgere gli animali, soprattutto gli occhi che ci spiano e che spuntano di fuoco nel mezzo delle mangrovie illuminati dalle potenti torce dei barcaioli. Sono alligatori, non bisogna aspettarsi gli enormi coccodrilli australiani, il più grande avvistato sarà un metro/metro e mezzo, molti i piccoli che i barcaioli prendono in braccio ed accomodano a bordo imbarcazione. Alla fine fanno molto più impressione i grandi capibara che all’improvviso si alzano dal fondo dei canali poco profondi e se ne tornano sulla terraferma. L’escursione dura indicativamente 2h, al rientro proviamo a ricordarci l’ordinazione precedente, e qui inizia un’abitudine del posto, quella di servire quasi unicamente piatti doppi, quindi occorre sempre trovare qualcuno con cui dividere il proprio cibo. In alcuni casi la richiesta di una porzione singola è accettata (quando si è soli o in numero dispari), se in tanti optano per scelte diverse allora non diviene possibile, ma incontrerò anche ristoranti che non derogano. Cena veloce, già praticamente tutto pronto (70r), il sistema dei piatti doppi porta ad assaggiare più specialità, diciamo che è ideale per entrare in sintonia col luogo, meno col portafoglio, ma la spesa non è mai esorbitante. Le scelte, come immaginabile, sono svariate tra quanto offre il mare, molto meno per quanto giunge dalla terra, carne solitamente dura come suole da scarpe, del resto come sempre presi in giro dagli argentini, i brasiliani mangiano carne di zebù, per intenderci carne dura. Ovvio che per un argentino trovare carne migliore di quella che offre la pampa è impresa titanica ma qui hanno perfettamente ragione. E’ già notte fonda quando si va a dormire, qui non c’è proprio nulla da fare o dove andare a parte tentare di avvistare alligatori, sperando che poi quelli non vengano ad avvistare noi di notte.
Bassa marea mattutina a Tutoia
6° giorno
Colazione di buon mattino, buona ma non eccessiva, e poi in barca verso l’Ilha dos Podros attraversando la foce del fiume verso l’oceano. E’ possibile di mattina per il gioco delle maree, sbarchiamo scalzi nel nulla percorrendo un terreno che pare una spiaggia frastagliata da piccole pozze di acqua incredibilmente chiara, quasi come se non ci fosse, va bene pensarla trasparente ma in alcuni casi il dubbio se ci sia acqua o no esiste. Al termine di questo lembo di terra che in alcune ore del giorno è percorribile a piedi in altre in barca giungiamo dove 2 pescatori stanno sistemando le loro reti, sembra che le mettano nel nulla, in altri momenti saranno il loro fondamentale strumento di sussistenza. Qui, lontano da tutto e tutti, probabilmente la loro idea di mondo è alquanto diversa dalla nostra, rimane il fatto che il posto è splendido ma soprattutto ci estrania e orizzontarsi è complesso, come pure seguire la costa. Fortuna che non ci sono asperità e ritrovare la barca è facile perché se ne scorge il tettuccio a distanza, altrimenti non banale uscire da questa fiaba dopo poco più di 3h. Per chi vuole tempo di pranzo nella pousada, riprendiamo gli zaini e ci imbarchiamo nuovamente destinazione Tutoia, che raggiungeremo con barca veloce attraversando i rami del delta. Il primo stop è nell’incredibile gruppo di dune a ridosso del fiume, un sottilissimo lembo di terrà fa da diga naturale, proprio lì sorge la casa di alcuni pescatori, luogo battuto dal vento e dalla sabbia, saliamo sulle dune ed il primo incontro vero e proprio col Maranhão sa già di magia. Le dune e le lagune nel verde, tra fiume e mare, possibile che un deserto connoti così fortemente quest’angolo di terra incastonato tra le acque? Eppure è tutto vero, incredibilmente. Richiamati a forza si risale sulle barche, lo spostamento fluviale continua. Il fiume impressiona, alcuni passaggi sono talmente larghi che ci si chiede se siamo entrati in oceano o meno, accostiamo l’isola fantasma (c’è o scompare a seconda delle maree) per giungere al posto di avvistamento dei guaros, gli ibis rossi. Al tramonto giungono a centinaia, scelgono alberi vicini gli uni agli altri dando a questi una colorazione rossa proprio strana a credersi senza vederla come avviene qui in mezzo al delta. Lo spettacolo merita una visione prolungata e silenziosa, il tempo passa e quando si riparte col cielo già scuro la temperatura e la tanta acqua imbarcata costringe alla prima comparsa del k-way, riposto appena sbarcati a Tutoia dopo circa 2:45’ di navigazione. Puntuale una camioneta ci porta a destinazione, Pousada Jagata (100r, con colazione, buon wi-fi, grande piscina inutilizzabile visti i nostri orari) proprio sull’oceano. La temperatura di sera sull’oceano non è elevata, una felpa non da fastidio, tolti da lì tra camera e paese il caldo si fa sentire. Alla pousada ci consigliano il rest. Jhahy (34r) specializzato in carne, ci trovano pure un camion per raggiungerlo, i succulenti spiedini e gli invitanti filetti danno però ragione agli argentini, carne commestibile solo con tanta fame, ce lo facciamo comunque andar bene. Rientro sempre in camion poi proviamo a verificare la vita locale, che nei dintorni della pousada è scarsa, c’è un unico bar dove si avventurano tutti, da Serghino, vedendo degli stranieri ci liberano pure un tavolo, ma la situazione rimane molto tranquilla e ben poco animata. Va bene così, i nostri orari sempre molto tirati non ci permettono di far nottata, caso mai ce ne fosse l’opportunità.
Attraversando il Rio Coreaú
7° giorno
Colazione abbondante, a seguire vista della bassa marea sull’oceano con piccole imbarcazioni incastrate da spettacolo proprio di fronte alla pousada, poi via in camioneta attraverso il parco dei Pequenos Lençóis Maranhenses, la prima vera distesa di sabbione del viaggio non intervallata da lagune, percorso che entra nel parco in maniera anomala attraverso uno stabilimento industriale, lasciando la MA315 poco dopo Paulino Neves. Qui le viste iniziano a farsi fantastiche, tra mare e deserto un percorso disegnato tra enormi tronchi con radici direttamente in spiaggia, così fino al villaggio di Caburé, passando per Praia do Barro Vermelho. Caburé si trova in una sottilissima linea di sabbia tra l’oceano e il rio Preguiça, scenario da film. Ci sono alcune strutture su entrambi i lati d’acqua, qui è più ammirevole quello sull’oceano, ma il noleggio dei quad senza necessità di guida locale regala emozioni. Attendendo la barca per proseguire c’è tempo per un’esplorazione (1h 120r), tempo sufficiente per ritornare alla spiaggia con le radici che la delimitano oppure salire a nord fino al termine della sabbia dove mare e fiume si uniscono, i quad sono con cambio manuale e freni inesistenti, poco male se non fosse che svariati rivoli d’acqua attraversano la spiaggia e alle prime occasioni si finisce nel mezzo coperti d’acqua. Qui il fatto che sarebbe vietato entrare in acqua salata pare colto con minore emergenza, se non dire inesistente. Qualche piccola duna è scalabile, ma siamo ben lontani da quanto possibile nei dintorni di Jeri. Quando la barca che fa da traghetto è pronta, in circa 1h attracchiamo nei dintorni di Atins, ultimo avamposto per l’accesso al parco vero e proprio, villaggio fuori dal mondo, costruito interamente su sabbia (ma sabbia non battuta, tra piccole dune) sparso in un’area non piccola. Un pick-up ci porta alla nostra Pousada Vettore ben fuori dal villaggio (145r, con colazione e wi-fi), di proprietà di un francese che ha sposato una maranhiense (lei parla molto bene italiano), una sorta di piccole costruzioni a forma di barca, di gran pregio anche se la gestione non è proprio il massimo. Siamo ben fuori dal centro, se un centro di Atins possa averlo, vista la ridottissima ricettività del luogo non siamo tutti nella stessa pousada, i nostri telefoni non funzionano, ed il francese, una volta che si siamo sistemati nella “barca” saluta e stacca il wi-fi. Impossibile comunicare con gli altri presso la Pousada Céu Aberto, verificata che si trova all’estremità opposta del villaggio proviamo a raggiungerla a piedi scontrandoci con la particolarità di Atins. Superato il primo passaggio contraddistinto da un campo da calcio che emerge durante la bassa marea e scompare durante l’alta, camminiamo verso il villaggio sprofondando completamente nelle viuzze di sabbia finissima e bianca, impossibile affrontarle con scarpe o ciabatte, ma la sabbia è coperta dagli aghi della vegetazione che la cinge, insomma, un supplizio. Tutti gli indigeni si muovono con mezzi, o quad o pick-up 4x4, impareremo alla fine della giornata che qualsiasi ristorante o pousada ne ha uno a disposizione per gli spostamenti dei clienti. Raggiungiamo il versante opposto di Atins passando per il centro, si potrebbe fare anche via spiaggia ma solo nei momenti di bassa marea, altrimenti l’acqua arriva alle costruzioni sull’oceano, comunque, raggiunta Pousada Céu Alberto (qui il wi-fi funziona regolarmente) notiamo nei paraggi un ristorante tipico, Sesé dove facciamo tappa per la sera. Probabilmente la scelta più autentica e originale del viaggio, compreso uno splendido riso ai gamberi servito all’interno di ananas giganti, tempi lenti come il luogo invita a fare (65r), poi dopo pure aver gustato un buon caffè (non tutti i ristoranti lo servono a cena) ci offrono il rientro col pick-up risparmiandoci oltre un’ora di cammino nel sabbione, al buio totale per di più. Al rientro in Pousada, sempre sconnessi, ma almeno con l’acqua tiepida per una buona doccia, qui acqua non sempre garantita. In cortile ci fanno compagnia alcuni rospi, che sguazzano nel verde mentre sull’esile sentiero che porta fin qui rimangono pozzanghere gigantesche, non sono dovute alla pioggia ma alle maree.
Le dune di Vassouras
8° giorno
Colazione in pousada buona ma preparata al momento, serve tempo, l’attesa s’inganna sulle amache poste nella parte superiore della costruzione adibita alla colazione, attenzione al cane, morde. Con camionete aperte con più file sul cassone si parte alla scoperta del Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses, un incredibile distesa desertica intervallata da numerosissime lagune colorate ed incantevoli per una dimensione di 270kmq. Lençóis, ovvero lenzuoli, perché viste dall’alto queste conformazioni danno l’idea di veri e propri lenzuoli, sabbia bianca finissima, tra la foresta e l’oceano, uno spettacolo straniante al massimo livello, un vero e proprio paradiso naturale. Prima tappa al Canto do Atins dove un palo solo al vento fa da riferimento per l’ingresso tra le dune, palo che tra plastiche varie raduna a se i resti della gentrificazione per dare il via al nulla del deserto. Da qui tappa alla lagoa Tropical, si può iniziare a vagare tra le dune e le lagune con vista sull’infinito, passaggi che da lontano paiono fattibili si rivelato inaffrontabili se non a costo di nuotare, altri invece si aprono dopo aver scalato dune elevatissime e fini oltremodo, un passo avanti e due indietro. Nozione di tempo persa in partenza, fa caldo ma è talmente secco che girando ore a piedi non si suda, se proprio il caldo prende il sopravvento ci sono le lagune lì appositamente per buttarcisi. L’area di quelle attorno alla Tropical tendenzialmente verdi, ma si gira un angolo e si passa ad acque trasparenti. Quando la camioneta passa a riprenderci è tempo per andare in una specie di oasi, tra le palme nel verde sorge la costruzione del celebre (almeno qui) restaurante Don Antonio che deve la sua fama ai gamberi in salsa rosa, per chi ha ancora da smaltire la lauta colazione sono presenti amache all’ombra che invogliano il riposo. Il percorso prevede ulteriori lagune per la giornata, a cominciare dalla lagoa Capivara, pure qui scaricati nel nulla saliamo e scendiamo in uno scenario che a perdita d’occhio regala solo emozioni. Non si accusa la minima fatica a salire e scendere dune, magari a volte rotolandosi giù fino ad incontrare l’acqua di una laguna, questa e le limitrofi meno verdi, più rosse. Non lontano abbiamo un’ultima fermata per rimirarci il tramonto in compagnia di ragazze alle prima armi col kite surf che provano iniziali acrobazie qui in spazi chiusi e non in oceano. Alla Lagoa das Sete Mulheres c’è pure un palo con la bandiera brasileira sfilaccia a far da coreografia ad un luogo che non ne avrebbe comunque bisogno. Il cielo inizia a colorarsi di giallo poi rosso, così le acque sottostanti, da spaziosa tribuna naturale fa la cresta della duna più alta per i tanti spettatori qui accorsi. Vicino all’equatore il sole tende a scomparire a velocità elevata, così recuperiamo la camioneta col primo buio, tutta aperta il vento la fa da padrone ancor prima delle 18 quando occorre lasciare il parco, così rientriamo se non infreddoliti almeno non carichi di sole ad Atins. In pousada acqua poco più che tiepida e getto che pare un pianto più che una doccia, ma va bene ugualmente, appuntamento al Rancho do Burna, non molto distante, 15’ a piedi nel sabbione. Peccato che qui abbiano poca fantasia coi nomi, in realtà il posto non è quello che pensavamo di aver segnato, ma Rancheria do Burna, ben più distante, fortuna che i proprietari sono parenti (o così ci dicono) e con una camioneta ci recapitano a destinazione, il cibo non è male (70r) ma esiste il solito problema delle ordinazioni solo doppie, proviamo ad organizzarci, gli orari però qui sono molto anticipati, cercano di farci terminare il prima possibile, devono pure riaccompagnarci alla pousada (non banale arrivarci in autonomia), ad Atins le genti locali vivono legati alla luce solare, per loro alle 22 è già tardissimo, anche per il fatto che alle 5 di mattina già c’è luce intensa.
Parco dei Pequenos Lençóis Maranhenses
9° giorno
Solita colazione a ritmo lento, col ritorno del wi-fi tentiamo di trovare un noleggio quad data la mattinata senza escursioni fissate in anticipo. Non si trova nulla, anche la gestrice brasiliana della pousada ci dice che secondo lei nessuno fa più questo servizio, ma indomiti andiamo nel villaggio a tentare. Proviamo presso le rudimentali agenzie turistiche, ma in effetti nessuna lo fa più, troppi utilizzavano in autonomia il mezzo andando ripetutamente nell’acqua salata causando danni cospicui, così il noleggio è stato sospeso, volendo si può andare trasportati, ma in realtà non si esce dalle escursioni già fatte il giorno prima così desistiamo e prendiamo qualche ora di relax in spiaggia nell’area della scuola di kit surf. La spiaggia a metà mattinata partendo da est è raggiungibile passando dal centro di Atins, quindi sabbia, dopo mezzogiorno si può passare dal bagnasciuga, molto meglio, essendo in pieno dì la sabbia ustionante. Il mare non è cristallino, sempre mosso, la sabbia lo rende torbido, ma grazie ad alcuni lembi di sabbia ci sono spazi per immergersi senza patire una risacca eccessiva. La Doce Mar, bar “alla vecchia” ci fa da riferimento, 5r per bere una noce di cocco e poi mangiarla, oppure 10r per qualsiasi bibita, ombra e relax, forniscono pure qualche lettino interamente di legno, meglio che nulla. Rientrati via spiaggia, alla pousada ci lasciano utilizzare la “barca” fino alle 14 così da sfruttare un minimo di confort, a piedi raggiungiamo l’imbarco destinazione Barreirinhas, la principale città di riferimento dei Lençóis del sud. Si va risalendo il rio Preguiça con varie tappe, prima delle quali al Farol Preguiças di Mandacaru, dove si può girare con ciabatte/scarpe, ormai dimenticate. Alla sommità del faro si accede dopo 160 scalini, bella la vista che spazia sulla foresta del delta, semplice il villaggio, all’attracco un negozio vende deliziosi ghiaccioli ai frutti più disparati per 2r. Altra sosta alle dune di Vassouras, si sbarca rigorosamente scalzi, altro giro spettacolare tra le dune ocra in quest’area tre le due parti del parco, i Lençóis veri e propri ed i Pequenos, tappa da non sottovalutare. Il viaggio in barca continua, risaliamo il fiume che in alcune parti si allarga notevolmente fendendo acque gialle, il tramonto visto qui non è da meno di quello dalle dune. Sbarchiamo a Barreirinhas poco prima del tramonto con la bassa marea, svariati metri sotto al livello stradale facendo catena umana con alcuni abitanti del posto per recuperare gli zaini, poi con una camioneta siamo traslocati alla Pousada do Riacho (95r con colazione, caffè sempre disponibile e wi-fi), un po’ fuori dal centro verso una zona popolare, circa 500m ad est della grande duna dominante il centro città sul porto fluviale. A piedi rientriamo in centro per goderci una ricca cena sul lungo fiume al rest A Canoa (80r), gustandoci svariate prelibatezze di mare. Cercando locali per terminare la serata poiché siamo in città una volta tanto, troviamo giusto un posto a mezzo tra rivendita e bar con tavolini quasi in strada lungo rua Trienta e um de março, meglio che niente.
Un guaro (ibis rosso) nel delta del Parnaíba
10° giorno
Colazione in pousada senza fretta, l’appuntamento mattutino prevede il volo sui Lençóis, l’aeroporto dista 2,5km, andiamo con un furgone in nemmeno 5’. Aeroporto essenziale, nessuna istruzione su che fare, il pagamento al rientro (fiducia totale sull’esito positivo) e a caso si sale sul primo piccolo aereo a disposizione, nel mio caso un Piper 4 posti, soluzione forse meno comoda del Cessna ma molto più performante per viste e foto, le ali sono sopra la carlinga e non sotto. Cintura allacciata, finestrino chiuso al momento del decollo e via, si muove pure poco e in un attimo lasciamo la foresta per entrare nei Lençóis sorvolando la foce del rio Preguiça, molto più spettacolare che in barca. Si vedono bene vari luoghi toccati in precedenza, dal Farol Preguiças alla pousada di Atins con le sue costruzione a barca. Ma il bello è lì da venire, iniziando a sorvolare i Lençóis veri e proprio ci si accorge della grande estensione e dell’incredibile collocazione, verdissimo a ovest, blu cobalto a est, e loro bianchi che paiono finti con lagune ad intervallare le dune senza fine. Lagune che dall’alto paiono sempre verdi, piano piano cambiano tonalità, microbi a renderle vive, ci si accorge che sono persone, soprattutto nella zona a nord-ovest della Azul e della Bonita che visiteremo nel pomeriggio. Sono 30’ intensi, gli scatti volano a mille anche se tra movimenti del Piper, finestrino non perfettamente limpido, sguardo che non sa esattamente dove puntare non tutto riesce al meglio. Da quassù pare di sorvolare un deserto ma pure un ghiacciaio, emozione indescrivibile. Atterriamo con facilità, giro terminato, pagamento veloce pure con carta di credito (69€) e via pronti per nuova avventura, ripartendo dalla pousada. Nel pomeriggio ci attende l’escursione in camioneta alla Lagoa Bonita, attraversato il rio Preguiça su grande chiatta dove si sale scendendo dai mezzi, in compagnia di un locale che ribattezzare Capitan Brasile è il minimo, gentilissimo e disposto a farsi fotografare a più riprese ma sempre con lo sfondo della bandiera del Brasile. La strada si trasforma in un sentiero sabbioso, stretto e mal messo, più volte le fronde degli alberi entrano nella camioneta, il viaggio di oltre un’ora non è agevole ma ricompenserà. Tutti fanno tappa all’estacionamento Lagoa Bonita, da lì si sale sulla duna principale, un’ascesa quasi verticale di 70 metri, agevolata da una corda a cui tenersi, quando si scollina lo scenario toglie il fiato ben più della salita. Un’immensità bianca senza fine, intervallata solo da piccole aperture verdi delle lagune. Qui si vaga liberamente, facile tenere come riferimento il culmine della duna principale che da sulla foresta, c’è tempo fino al tramonto di godersi questo paradiso, nonostante la numerosa presenza di turisti, molti si fermano per fare il bagno alle prime lagune, continuare lungo le cresce delle dune più spettacolari porta a luoghi incantanti ed intonsi. Il tramonto però lo dobbiamo vedere dalla duna principale tutti in silenzio, poi fuga verso il basso per riprendere tra i primi il disagiato cammino, occorre essere velocemente alla chiatta per non fare serata attendendo il trasbordo, è comunque già sera quando attraversiamo la foresta, temperatura che precipita ma possibilità di chiudere con un telo la parte frontale della camioneta. Riportati in pousada si ritorna in città a piedi per la cena, attivissime le varie chiese del luogo che operano in negozi quando non garage, non tutto esaurito però, forse il richiamo reggae qui prevale sulla religione. In città dopo un certo orario i posti per cenare all’aperto o iniziano a chiudere o sono pieni, rimediamo di nuovo da A Canoa (78€) però all’interno in una specie di piccolo mercatino etnico, unendo così l’utile al dilettevole. Sempre pesce, data la fame per l’ora più tarda del solito anticipiamo con qualche pizza locale neppure male, il solito pesce del luogo però molto meglio.
In volo sul Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses
11° giorno
Colazione in pousada, oggi con qualche succo di frutta in meno, poi con camioneta lungo trasferimento su asfalto percorrendo la MA402 per circa un’ora. Deviazione a dx sulla MA320 non segnalata, sterrata con svariati guadi sul rio Grande destinazione Betânia. Tappa finale con mezzi su strada all’ingresso dell’omologa laguna con forte colorazione arancione, utilizzati dalle genti locali come servizi igienici, sullo sfondo si stagliano nuovamente le dune del Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses con ingresso lato nord-ovest. Per accedere alle dune occorre salire su di una piccola barca che percorre il fiume e ci scarica sul lato opposto, una dolce salita ci porta nell’area intesa come quella di Betânia all’interno del parco, e pure qui c’è tempo per perdersi tra dune e lagune, ancora bianche con acque di varie tonalità di verde. Qui molta meno gente, direi proprio zero, quindi senso di isolamento ancora maggiore. Si ritorna sempre in barca (10r, 5’) all’estacionamento che funge anche da ristorante con comode amache all’ombra (il posto con bottiglietta d’acqua più costoso mai incontrato, 5r, solitamente 2 o 3r), autista in relax quindi ce la prendiamo comoda, con camioneta si taglia al largo del parco su sentiero fino alla tappa finale del giorno, il remoto villaggio di Santo Amaro do Maranhão, ultimo accesso a nord del parco incontrato dopo alcuni guadi non indifferenti. Tappa alla pousada Cajuero (95r, colazione, caffè sempre disponibile e wi-fi lentissimo) dove il titolare parla inglese avendo vissuto a lungo in giro per l’Europa, è presto e abbiamo tempo per girarci il paese che pare vivere ad un ritmo da bradipo. Nulla di particolare, piazza centrale ampia e semideserta, negozietti tutti simili e a prima vista pochi ristoranti dove provare a passare la serata. I cavalli passeggiano soli ed indisturbati in piazza ed al rientro terminiamo il pomeriggio gustandoci un gelato locale alla Sorveteria quero-quero (il quero è un uccello del luogo) dopo aver provato praticamente tutti i gusti (10-15r a seconda di quanti gusti scelti). Niente di eccezionale, il gelataio che tanto ci tiene a parlare della sua attività finirà per segnalare che questi arrivano già fatti da una produzione in São Luís. La pousada da sul rio Grande, qui forma isolette naturali che fungono da piccoli campi d’allenamento dei ragazzi locali, di fronte tanti piccoli bar che però terminano l’attività al calar del sole. Non essendoci organizzati in tempo e non vedendo nei paraggi nulla optiamo per una cena in pousada, scelte non infinite così ci facciamo portare più tipi di pizza, qualità bassa, ma nutre diciamo così (35r). Tentiamo pure di trovare un locale dove terminare la serata incontrando popolazione locale, i famosi pescatori di Santo Amaro, ma dopo le 22 non solo non c’è nessuno in giro ma anche i bar delle pousade non servono più nulla.
In volo su Atins e foce del rio Parnaíba
12° giorno
Colazione in hotel, media qualità e partenza per l’ultimo giorno di escursione tra i Lençóis, in camioneta destinazione lagoa das Andorinha in una pace totale. Non fosse che una specie di uccello, tipo un gabbiano più piccolo, sia particolarmente aggressivo, se ci si sposta dal bordo delle lagune inizia ad attaccare, è sufficiente un bastone roteato per allontanarlo, in mancanza anche un cappello roteato più volte, ma desiste per qualche minuto poi torna alla carica. Le lagune, a parte quelle decisamente profonde, hanno acqua verde al limite del trasparente, nei dintorni non c’è nulla, l’autista della camioneta poco prima di mezzodì ci riporta in pousada, tempo per relax o cibo, nel primo pomeriggio altra escursione verso lagoa Gaviota, nel bianco che più bianco non si può. Per accedere occorre registrarsi al comando di polizia di Santo Amaro, le guide devono essere del luogo. Si accede a quest’area attraversando una zona paludosa poco fuori dal villaggio, volendo anche a piedi, a quel punto però necessitano molte ore perché oltre 2 vanno per a/r, dovrete quindi aggiungere le almeno 2 che merita il luogo per essere visitato e per bagnarsi nelle lagune. Ultimo giro di dune e bagni, sabbia finissima, transumanza di capre che da sole vanno da un luogo all’altro, vorremo goderci l’ultimo tramonto tra le dune ma c’è l’obbligo di registrarsi in uscita entro le 18, così tramonto visibile lungo il cammino. Nel centro del villaggio trattiamo in anticipo un luogo per la cena su consiglio della guida del posto, l’anonimo Terra Brasil che raggiungeremo verso le 20, per loro notte fonda. Fanno bella mostra di se le bandiere del Brasile, del Maranhão e di Santo Amaro, per il resto la scenografia del grande ristorante sono pareti bianche, cena con pesce misto e giacché siamo italiani pure la sorpresa delle tagliatelle con l’uovo, ovvero tagliatelle con un uovo sodo posto in cima (35r). Vabbè, apprezziamo lo sforzo, unici avventori del locale, a piedi rientriamo in pousada non cercando un posto nuovo, come al solito tutto buio e deserto. Santo Amaro vive al ritmo del sole, in espansione turistica ci viene detto, anche se questa trova forse maggior peso in coincidenza con le vacanze dei brasiliani, ovvero tra fine dicembre ed inizio gennaio, ora pare parecchio sonnacchiosa e con ben pochi avventori.
Ingresso al Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses, inferno e paradiso
13° giorno
Colazione in pousada, forse pure più scarsa e meno buona del giorno precedente, con camioneta attraversiamo due imponenti guadi sul rio Grande, un taglio che ci porta sulla MA320 e da lì si prosegue fino all’incrocio con la MA402 dove cambiamo mezzo, lasciamo la camioneta per un minivan, fino a São Luís è tutto asfalto, anche se la capitale maranhense sorge su di un’isola, in realtà molto più simile ad una penisola, durata del trasferimento complessivo oltre 3h. Per i nostri standard la città è enorme, oltre un milione di abitanti, arriviamo da villaggi e paesi, il solo percorso per accedere al centro cittadino è lungo quanto un trasferimento tra il nord e il sud del parco. Soggiorniamo in una bella struttura in pieno centro, Grand São Luís (110r con colazione, piscina, wi-fi, pc a disposizione, centro wellness da pagare a parte, un’aria condizionata che uccide i pinguini…) con personale alla reception di un’antipatia da guinness (non a tutti ma ad alcuni una piccola mappa della città la forniscono), ma la posizione ed il prezzo ripagano, proprio prospicenti alla Igreja da Sé e ad una piazza dal celebre centro storico coloniale. La particolarità della città è quella di essere l’unica brasiliana ad essere stata fondata dai francesi, come il nome fa ben intendere, rimpiazzati solo 2 anni in seguito dai portoghesi. Il celebre centro storico è patrimonio Unesco, come tutte le grandi città del paese non è propriamente luogo sicuro, durante la settimana il centro è però molto vivo anche di sera, durante i fine settimana invece tende a spopolarsi con le genti locali che preferiscono far tardi nella zona nuova di Calhau, distesa di grattacieli fronte oceano. Poco male, partiamo alla scoperta della città passando dalla Igreja do Carmo dove un grande cartello affisso sul fronte specifica che la scalinata non è un orinatoio. Le vie a scacchiera limitrofi sono quelle del commercio locale, la gioia di chi colleziona i più svariati modelli di havaianas, per il resto questa zona nasconde qualche chiesa ma la parte più interessante prevede il rientro verso la città bassa. Alcuni caratteristici bar all’aperto con giocatori di domino riempiono Praça João Lisboa, da qui prendiamo Humbertos de Campos, la fotogenica rua a scalini che entra nel cuore dell’area coloniale. Turistica come ben contraddistinguono i tanti negozietti di souvenir (Giamaica e Bob Marley su tutto), piena di botteghe ed artisti, con palazzi ricoperti interamente da artistiche decorazioni di azulejos che trovano l’apoteosi in Rua Portugal. Ma tutta l’area è piena di scorci incantevoli, carretti che vendono bibite e prelibatezze fanno sì che il cammino s’interrompa sovente, esibizioni musicali riempiono Praça Nauro Machado, il tempo passa velocemente buttando occhio e naso (i gamberetti essiccati si odono da distante) nella Feira da Praia Grande, arriviamo sul lungo mare per risalire la scalinata che fiancheggia Capitania dos Portos do Maranhão per giungere alla terrazza a fianco del Palácio dos Leões da dove rimirarci l’ennesimo tramonto da cartolina, questa volta però ammassati come sardine tra turisti locali ciarlieri. La marea, che tocca fino ad un dislivello di 6 metri, lascia la baia senza acqua praticamente fin dove la vista si allunga, da qui rientriamo nel gelo dell’hotel per prepararci alla serata, ci hanno consigliato un ristorante in zona Calhau raggiungibile in taxi (35/40r, 10/15’), il gigantesco ed anonimo Cabana do Sol, ristorante che non transige dai piatti doppi. Così evito e rimedio un panino scadente da Subway (20r con bibita) ed un ottimo gelato da I Love Gelato (12r x 2 gusti, enorme), che si fa vanto di essere gelateria italiana, ma di nostri immigrati al mio passaggio nessuna presenza. La zona, turistica e per gente del posto non certo proveniente dai quartieri poveri è molto tranquilla, animata da alcuni bar sul versante spiaggia palesemente alla caccia di ricchi stranieri disposti a far la fortuna dei proprietari e delle ben poco avvenenti giovani e meno giovani bellezze locali. Un concentrato di obesità del nord del mondo attratta dall’obesità delle ragazze/signore locali, scene tristi tanto che al primo taxi tanto vale rientrare nel centro storico che oggi è ancora pieno di vita, magari qualche angolo non così sicuro come Calhau ma autentico, colorato e vivissimo.
Nell'area della Lagoa Bonita
14° giorno
La colazione potrebbe valere pure da pranzo, merenda e cena, ma abbiamo un possibile inconveniente, lasciati gli zaini in hotel dobbiamo arrivare al porto per salpare, marea permettendo, col catamarano che ci porterà alla penisola di Alcantara, proprio di fronte a São Luis a 18km di mare ma a oltre 400 via terra. Attendiamo che la marea ritorni, il catamarano (30 a/r, 90’) sarà anche caratteristico ma con le onde che incontriamo non così tanto efficace. Chi lavato sul fronte che almeno si è goduto il panorama, chi asciutto sul retro senza aver visto praticamente nulla giungiamo all’attracco lungo la semidiroccata Ladeira do Jacaré per immergerci in un luogo a se, fuori dal mondo ed ancora intatto. Vie acciottolate, vecchie botteghe che si trasformato in sale da ginnastica, chiese anzi resti di chiese, palazzi coloniali, una guida ci accoglie per portarci a piedi a quella che sarà casa per la giornata raccontandoci fatti e misfatti di questa cittadina da sempre fuori dalle regole brasiliane. Alla Pousada do Baron (110r con colazione e wi-fi) ci appropriamo di camere gigantesche con pure letto imperiale, bagno più grande di stanze avute in passato e anche finestre stile vivandiera, col proprietario che fa di tutto, compreso la sera il cantautore. Ma prima dell’escursione in barca del pomeriggio c’è tempo per girare autonomamente il luogo, cominciando dal Largo de São Matias, la piazza centrale posta nel punto più alto di Alcantara, dove i resti della chiesa sono ancora contrapposti al palazzo del governatore. Qui è bello vagare indisturbati tra viuzze acciottolate, le più importanti con decori a rammentarne la nobiltà del tempo, musica reggae in ogni dove. Appuntamento al porto, in barca si va all’Ilha do Livramento, tra storie di pirati e guaros, ovvero ibis rossi. Lasciati su di un lato si risale su quello opposto per entrare nella Baia do São Marcos passando a fianco di grandi capanni di pescatori che vivono qui a circa 10 metri da terra sull’oceano con la propria barca sotto. Attendiamo il tramonto, poco prima il cielo incomincia a farsi rosso, non tanto per il sole calante ma per stormi di guaros che prendono possesso degli alberi prospicenti la baia. Sono centinaia e centinaia in formazioni disparate, la baia è un minimo riparata e qualche scatto interessante è possibile ottenerlo. Finita la migrazione riprendiamo la via di casa sbarcando quando è già buio, per chi vuole c’è una camioneta per la pousada, rientrando a piedi con alcune candele ad illuminare i davanzali ci s’imbatte in una pseudo palestra, incuriositi da chi osserva coinvolgono nella loro sudatissima lezione. Solo donne a faticare, gli uomini tendono a prediligere la fatica costituita dal portare bottiglie o bicchieri alla bocca. Per cena optiamo per fare come loro, nella piazza centrale alcune signore con figli e figlie predispongono rudimentali cucine dentro a furgoncini malandati, spiedini di ottima qualità, verdure di tanti tipi, la difficoltà maggiore è recuperare un tavolo e le sedie, per il resto sono organizzatissimi, quanto al bere basta ordinare quel che si vuole, uno dei ragazzi parte ogni volta di corsa verso il bar più vicino e recapita ogni cosa. Spesa contenutissima (20r) per la carne migliore assaggiata nel viaggio, scelta di cibo non così varia, quel che hanno si mangia. Al Colonial, altro non è che il bar collegato alla nostra pousada, c’è un concerto di una cantautrice locale abbastanza brava, peccato che dopo 2 pezzi lasci il palco a chi abbia voglia di ergersi a re per una notte, compreso il proprietario, esiti modesti, peccato. Nei pressi della Igreja de Nossa Senhora dos Rosarios dos Pretos c’è una specie di festa in un bar, musica tra reggae e pop, terminiamo qui la serata lungo le vie di un luogo alquanto originale.
Abitazioni di pescatori nella Baia do São Marcos
15° giorno
Colazione in hotel, la più scarsa del viaggio, poi tempo per vedersi col calma quanto non ancora rimirato del luogo, cominciando dalla Igreja Nossa Sehnora do Carmo dove si può accedere alle campane del campanile (2r) per uno scorcio di vista su Alcantara. Scendiamo lungo le vie a caso fino al porto per assaggiare una buona noce di cocco (4r) ed immergerci nella fauna locale che qui si ritrova tra nullafacenti, venditori di pesce, affittacamere, guide per turisti e passanti curiosi. Nota, il venditore di pesce è quello del giorno precedente, non ha ancora terminato di vendere la sua pesca, e ben prima dei tre giorni il pesce puzza…Risaliamo la via per recuperare in pousada gli zaini (in catamarano ci si può portare un bagaglio minimo) e ritornare di nuovo al porto, ore 14 si salpa, circa. Il catamarano è praticamente tutto esaurito, e prevedendo un viaggio poco agevole mi prendo il passaggio con la barca che fa da traghetto locale (15r, 60’), viaggio molto più comodo, possibilità di stare seduti all’interno su comode poltrone o godersi il viaggio anche all’aperto o sul tetto, pure acqua a disposizione. Giunti in città, da Cais da Praia Grande si raggiunge l’hotel in nemmeno 5’, riappropriati di zaini e camere è subito tempo di una visita guidata alla città gestita dal corrispondente di viaggio locale che qui abita, italiano residente da oltre 10 anni proprio a São Luis. Quella che pareva una visita banale inizia dal Palácio dos Leões, attuale palazzo del governatore e visitabile solo in parte, per passare alla Igreja de Sé, conosciuta anche come Nostra Signora della Vittoria dalla leggenda secondo la quale i portoghesi trasformarono la sabbia in polvere da sparo per avere la meglio nei confronti dei francesi, poi scendiamo nel centro coloniale e la visita guidata diventa più uno scambio di info sulla vita locale, le imminenti elezioni politiche, lo stile di vita maranhense, insomma 2/3 ore interessanti. Notiamo che il centro è quasi interamente spopolato, un bene per poter fotografare al meglio Rua Portugal che fu costruita nel medesimo periodo della ricostruzione post terremoto di Lisbona, e le vie limitrofe, pure il mercato di Piazza Grande ha già chiuso i battenti, e come ci avevano accennato trovare un posto per cenare qui di sabato sera non è semplice. Fortuna che la pizzeria del Cafè Latino è aperta così come il bar, scelta quasi obbligata e quindi con tempi da bradipo, evito la pizza per un risotto alla maranhense di ottima fattura (con dolce 55r) mentre per avere una bottiglia d’acqua occorre uscire e comprarsela, strana usanza. Poco male, dietro l’angolo il Bar da Faustina non ha problemi (2r a bottiglietta) e si rimedia in un attimo. In realtà non tutto il centro è un deserto, pian piano si rianima, ma in generale ragazzi giovanissimi, poco avvezzi agli stranieri che percepiscono come un pericolo pure per la loro incolumità, ci dicono che i malviventi sono attratti dagli stranieri ponendo in una situazione rischiosa pure loro. In realtà tanto rumore per nulla mi verrebbe da dire, ma che non sia un ambiente sereno è palese. Con comodo si rientra in hotel a piedi, il cammino che doppiamo affrontare è poco, nessun inconveniente da Rua 28 de Juhlo ad av. Pedro II. Ultima notte brasiliana tranquilla in questa zona, va detto che tra São Luis e Alcantara la temperatura è alta anche di notte, l’umidità picchia forte, rimanere a metà tra il freddo dell’hotel e la temperatura equatoriale esterna sarebbe un esercizio di buon equilibrio.
Alcantara, Largo de São Matias
16° giorno
Visto che la giornata sarà lunga la colazione deve essere abbondante, e qui in hotel c’è da sbizzarrirsi. Tempo per un ultimo giro all’interno del centro coloniale, di mattina ben pochi avventori, sia tra le viuzze acciottolate sia nel mercato da Praia Grande, tempo per souvenir. Fortuna che qualche bar non rispetta le regole del posto e pure di mattina solleva le serrande tipo Cafofinho da Tia Dica che serve bevande in splendidi bicchieri a forma di ananas. Risaliamo per l’ultima volta la scalinata di rua 28 de julho salutando così il sito Unesco che ormai ci vede abitudinari del luogo. In hotel ci lasciano l’uso della camere fino alle 13 così da poter utilizzare i servizi prima della partenza, e data l’umidità di São Luis non è roba da poco. In taxi (50r, 20’) raggiungiamo l’aeroporto internazionale Marechal Cunha Machado per il volo Azul-Air. I biglietti non prevedono il bagaglio, qui l’aereo è utilizzato come autobus con orari fissi tra tutte le principali città del Brasile, occorre pagare a parte, fino a 23kg 80r, ma è possibile pagare pure in €, $ o carta di credito. Check-in comunque veloce, nella zona a sx rispetto all’entrata c’è un ufficio cambio valuta nel caso ci siano da convertire gli ultimi real rimasti, il controllo bagaglio altrettanto veloce, qui si può passare anche con bevande. Il volo dura 1h, serviti chips e bevande e senza nemmeno accorgercene siamo già in atterraggio all’aeroporto Pinto Martins di Fortaleza. Qui c’è possibilità di fare il check-in direttamente agli sportelli automatici, TAP però ne ha solo 2, ed in ogni caso occorre rifare la fila per lasciare il bagaglio da imbarcare, alla fine dato che molti arrivano col check-in già effettuato la fila in quello sportello diviene più lunga di chi deve fare il check-in vero e proprio. Controllo passaporto velocissimo, evidentemente in uscita dal Brasile non c’è quasi nessuno, controllo bagaglio pure veloce e opportunità di connessione wi-fi semplice. Volo puntale per i 5.720km che ci attendono, in circa 7h. Dopo circa 1:30 è servita una discreta cena, temperatura interna molto più umana che all’andata, pure qui schermo a disposizione ma scelta limitata di servizi, non c’è possibilità di ricaricare nulla. Si abbassano immediatamente le luci una volta terminata la cena e chi vuole o riesce, può dormire, anche se dato il volo non particolarmente lungo e cena/colazione non è che rimanga tanto tempo.
São Luis, Rua Portugal al tramonto
17° giorno
Sveglia in volo con colazione leggera, qui non ci sono gli adesivi da apporre ai sedili per segnalare se si desidera essere svegliati oppure no, atterraggio in perfetto orario e con passaporto elettronico si evita qualsiasi fila d’ingresso nella comunità europea. Connessione wi-fi pratica e veloce, l’attesa però non è eccessiva, il volo per Roma è puntuale (2:50), è servito un leggero pranzo e dopo un atterraggio regolare c’è la sorpresa che una volta arrivati alle cinghie di riconsegna bagagli il mio zaino è già lì ad attendermi. Mi sorprendo di questo servizio di Fiumicino, altre volte ho dovuto soggiornare per quasi un’ora, anticipo i tempi e dalla stazione ferroviaria di fronte all’aeroporto con una Frecciarossa con cambio a Tiburtina (70€, in teoria 3h) raggiungo Bologna perfino in anticipo su quanto avessi preventivato. Peccato che per guasti alla linea elettrica il Frecciarossa ad alta velocità in area Orte venga deviato sulla linea tradizionale, ma 45’ di ritardo in un trasferimento iniziato il giorno precedente non sono neppure un grande male, mi diletto nel leggermi la rivista di bordo che qualcuno ha diligentemente curato anche dal Maranhão.
In volo sulla Lagoa Azul, Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses