Vista di Qeqertarsuaq con inquietante ospite alle spalle
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Il viaggio si è svolto in agosto, presunta estate, o meglio, quando una parte di terra è libera dai ghiacci. Giornate lunghe (buio intenso mai, alba verso le 4, tramonto dalle 22:30), di mattina le nubi coprono spesso il cielo, nel pomeriggio il sole ha sovente la meglio, temperature che variano tra i 2° e gli 8° a Ilulissat (meta principale), più caldo a Kargelussuaq, ma in prossimità dei ghiacciai o di giganteschi iceberg la temperatura precipita. La Groenlandia (in lingua locale Kalaallit Nunaat) fa parte del Regno di Danimarca ma è autonoma, fuori dall’UE ma all’interno di un accordo di libero scambio con la Danimarca, in pratica è come se fossero UE se si arriva da lì. Dalla Danimarca i voli escludono quasi sempre la capitale Nuuk, che invece è toccata dal passaggio della nave postale, possibile alternativa che però mal s’intreccia appunto coi voli. E’ sufficiente la carta d’identità, ma col passaporto tutto più veloce. La moneta è la corona danese, con cartamoneta rappresentante i luoghi delle isole, ci sono bancomat e banche, ma di fatto il contante quasi non esiste a queste latitudini, si paga tutto con carta di credito, non importa prelevare, l’€ non è accettato, soprattutto perché il contante gira molto poco, al momento del mio passaggio 1€=7,45dkk. Capita che col pos si possa indicare se pagare in dkk o €, a loro dire in dkk è leggermente più conveniente. I costi riportati sono sempre a persona quando non indicato. Per arrivare l’opzione quasi unica è l’aereo (a meno di non partecipare ad una crociera artica), preferibilmente via Copenaghen, per i motivi indicati in precedenza. La lingua ufficiale è il groenlandese (kalaallisut), ma il danese è diffuso anche per il fatto che la maggior parte delle attività commerciali e industriali sono in mano a danesi, l’inglese è parlato dai danesi e dalla popolazione locale che ha a che fare coi pochi turisti. I paesi o villaggi non sono collegati via terra tra di loro, ci si sposta con navi, aerei o elicotteri in estate, in inverno niente navi ove ghiaccia, aerei ed elicotteri quando il tempo lo consente, motoslitte e slitte trainate dai cani più spesso. Ma in ogni caso, difficile che ci sia necessità di andare da un villaggio all’altro, come mi ha risposto il capitano di una nave, perché devi andare in un altro villaggio? In ogni caso, benzina e gasolio son venduti a prezzo calmierato, 500dkk per un litro di benzina, 515dkk per il gasolio, superprezzi per noi, ma che farsene dove le strade son di pochi km? Questione cibo : dati i prezzi molto ma molto elevati dei ristoranti e le scelte molto limitanti come menù ed in fatto di orari (ultimo turno verso le 19:30, per chi in escursione e si gode le giornate lunghe, improponibile), abbiamo sempre cenato in casa ad Ilulissat, portandoci buona parte del cibo dall’Italia (avevamo affittato con largo anticipo una grande casa con vista magnifica sulla baia, niente booking, qui si contatta direttamente l’agenzia, quando han voglia di risponderti paghi con bonifico ed a quel punto la prenotazione è accordata) mentre a Kangerlussuaq le occasioni proposte dall’hotel, ma gli orari son sempre anticipatissimi visto anche il tramonto lontano. Costi proibitivi del cibo, pure alcol e bibite gassate non scherzano, sovente anche l’acqua di rubinetto occorre pagarla. I supermercati, ben forniti e quasi sempre con una panetteria interna, possono essere una valida alternativa, avendo anche un banco di piatti caldi (escluso nel fine settimana). I negozi (quando ci sono) hanno orari ristretti a parte i supermarket, difficile trovare prodotti che non siano cibo o souvenir, questi principalmente negli uffici dei tour operator. Per raggiungere la maggior parte delle attrazioni naturali occorre camminare, o acquistare tour con navi/aerei, a Kangerloussauq anche via terra. Ovviamente costi elevatissimi, ma una volta lì difficile non lanciarsi. Telefono, il wi-fi è presente praticamente ovunque, essendo un luogo fuori dalla comunità europea occhio al contratto sottoscritto in Italia, è però possibile acquistare una sim locale. Per quanto riguarda i giorni a Copenaghen, cambia il discorso telefonico poiché le tariffe sono le medesime italiane essendo comunità europea, i servizi sono di tutt’altro genere ma anche la massa di persone che s’incontrano è ben diversa, così come lo scenario naturale.
Per le strade di Copenaghen
1° giorno
In auto da Bologna in un pomeriggio di traffico inesistente raggiungo il parcheggio FDP Parking di Magnago, prenotato in anticipo, parcheggio che offre anche il servizio di ritiro e consegna auto senza passare dal deposito. Ho tempo ed arrivo al parcheggio, la navetta in meno di 15’ mi porta comodamente in aeroporto. Check-in effettuato on line, fila per consegna bagaglio velocissima (fino a 30kg) ai banchi della SAS. Veloci pure i controlli così con pure largo anticipo sono in attesa del volo a bordo di un Boeing 737 ove servono solo da bere caffè o tè. 2h e si atterra, rapida consegna bagaglio e con un Taxi Van (carica fino a 8 persone) raggiungiamo il Cabinn Hotel in 15’. Prenotato in anticipo, 455dkk, per la colazione si aggiungono 99dkk se pagata assieme al pernotto, altrimenti 125dkk pagata a parte. Enorme complesso a metà tra hotel e moderno ostello, offre innumerevoli servizi, ovviamente tutti a pagamento, nulla è gratis in Danimarca. Camere da 4 piuttosto anguste se piene, gentilmente si offrono l’uso di tali camere anche solo per 2 persone, ed in quel caso tutto cambia. Wi-fi, direi unica offerta gratuita. Posizione dell’hotel tattica, dalla parte dell’aeroporto e comodo per raggiungere il centro a piedi. Dato l’orario, si cena col poco che offre il bar e con quanto portato per i giorni a seguire.
Indicazioni per non perdersi a Kangerlussuaq
2° giorno
Colazione a buffet, stranamente dato il luogo poca scelta di torte, biscotti e paste, per il resto ci si può ingozzare a piacimento, tanto vale prepararsi panini da consumare girando la città. Giornata di perlustrazione di Copenaghen a piedi, volendo si possono noleggiare biciclette ma a costi non economici, le piste ciclabili sono ovunque, con molta confusione nell’uso poiché gli indigeni viaggiano a velocità da doping certificato, i visitatori lentamente fermandosi più volte per capire dove andare e cosa vedere. Il celebre parco giochi del Tivoli dista poco, lo si prende come riferimento, ma al passaggio mattutino non è ancora aperto e per chi passò da qui decenni fa è evitabile, costa uno sproposito solo l’ingresso e quel biglietto non vale per salire su nessun gioco. Battute le aree del centro, prendiamo direzione castello di Rosenborg (Rosenborg Slot) all’interno dell’omonimo parco. Piccolo ma scenografico, circondato dal fossato su cui si rispecchia nel lato sud-est, presenta un cambio della guardia molto poco professionale ma ben identificativo del luogo. Rientrando nel centro, un salto alla torre circolare (Rundetårn) che si trova tra mercatini locali per poi costeggiare il canale interno (Peblinge So) che porta alla Cittadella (Kastellet). Prima di arrivare merita assolutamente passare per il quartiere di Nyboders Mindestuer, contraddistinto da stecche di case ocra che un tempo ospitava i cantieri navali. Qualcosa di totalmente distinto dall’urbanistica cittadina. Visitiamo la vecchia fortezza fatta a stella del Kastellet, ancora utilizzata, ove svetta un antico mulino (Kastelsmøllen), ci si perde per i suoi sentieri che portano all’attrazione numero 1 della città, la sirenetta (Den Lille Havfrue). Celebre, immancabile, ma non proprio indimenticabile, attorniata da una folla debordante, vanta una sistemazione sull’ampio canale che si apre sull’Øresund, uno di quei passaggi dovuti ma senza un vero senso, l’architettura della città mostra ben altro di più interessante, a partire dalle nuove costruzioni che stanno sorgendo sul lato opposto, come il nuovo palazzo dell’opera (Operaen), i cantieri navali ristrutturati e divenuti polo d’attrazione per mostre e bagno in mare (Papirøen). Passando dal Churchill Park riprendiamo a bordeggiare il canale principale in direzione del celebre Nyhavn, la vista iconica della città. Da lì partono i giri in battello della città (Havenrundfort), per 60dkk un’ora di navigazione per permette di ammirare la capitale con una vista diversa. Si ritorna alla sirenetta, vedendo meglio la parte opposta, quella dei cantieri risistemati, per passare nello stretto canale della zona di Christianshavn, dove si trova, anche se non più con lo spirito di un tempo, la città libera di Christiania. E’ bello osservare come questi canali minori sia vissuti dagli abitanti, una città sull’acqua tra piccole imbarcazioni o anche solo seduti a godersi la bella giornata sul bordo del canale. Tagliando il corso d’acqua principale in zona del Black Diamond (Det Kongelige Bibliotek), la nuova e moderna biblioteca nazionale si torna nella città storica attorno alla fortezza del Christianborg. Ritornati a Nyhavn e scesi, si continua la perlustrazione a piedi perdendoci tra le viuzze di un centro sempre più animato. Per cena tappa al pub The Bronx, dove hamburger e patatine sono ottime ma non economiche (189dkk), prezzo elevato poiché qui pure l’acqua di rubinetto si paga (35dkk). Si può pagare con carte di credito sia in dkk che €, mentre non accettano € anche per il fatto che il contante è visto con sospetto. Il tramonto scende ben più tardi rispetto all’Italia, dopo le 21 c’è ancora una bella luce, in serata rientro in hotel, camera caldissima ma c’è possibilità di aprire la finestra come quella di prepararsi un tè col bollitore a disposizione. I bagni sono microscopici, ma la doccia è ottima. Percorsi 21km a piedi.
Ilulissat, Zionip Oqaluffia
3° giorno
Colazione a buffet, come il giorno prima abbondante e con possibilità di prepararsi qualcosa per il giorno, in taxi all’aeroporto (20’, 420dkk). Il check-in per il volo di Air Greenland era stato effettuato la sera precedente, così le pratiche per imbarcare il bagaglio (fino a 20kg) sono veloci, i controlli molto meticolosi ma altrettanto veloci poiché i varchi molteplici, c’è tempo per mangiarsi quanto preparato a colazione, se non ci si vuole svenare prendendo da bere nei bar si può ricorrere alle fontanelle dell’aeroporto. Il volo è operato per Air Greenland da Jet Time con un Boeing 737-800 destinazione Kangerlussuaq, Groenlandia. Data la durata del volo, quasi 5h, prima servono stuzzichini e bibite (con la buona abitudine di lasciare l’intera bottiglia dell’acqua e non solo un bicchiere, idem per tutte le altre consumazioni) ed a seguire un freddo pranzo. Non lesinano sulle bevande, vino e birra compresi, come su caffè e tè, per un volo senza intrattenimento a disposizione, niente schermo nei posti a sedere. 5h dopo, in realtà come tempo sull’orologio sono solo 2 causa le 3h di fuso, sbarchiamo in un piccolissimo aeroporto dopo aver sorvolato un bianco infinito, la calotta polare che ricopre gran parte del paese. La consegna dei bagagli è fatta manualmente, ritirato si può uscire, non c’è nessun controllo poiché siamo arrivati via Danimarca. In realtà non usciamo, l’hotel che abbiamo prenotato è all’interno dell’aeroporto, Hotel Kangerlussauq, unica struttura che ha risposto alle nostre chiamate (indicativamente 120€ a testa compresa di ottima colazione). Fa strano vivere in un aeroporto, ma è un po’ il centro della cittadina da 500 abitanti (la Groenlandia ne conta indicativamente 55.000), piccola ma strategica proprio per via del suo aeroporto posto in luogo protetto, all’interno di un fiordo, per tanti anni base statunitense. Preso possesso delle camere, lasciati i bagagli e cambiato l’abbigliamento (c’è il sole e per il luogo fa pure caldo, circa 12°, ma sempre la metà rispetto a Copenaghen) partiamo subito per un’escursione proposta da una guida locale che lavora per Albatros Artic Circle, Niels Herman Thrane. Il Tundra Safari (320dkk, pagabili con cc in dkk o €) lo trattiamo per partenza appena sistemati, a bordo di un camion adattato partiamo per l’antico insediamento sulla vetta di Tacan, lungo una delle rare strade (ovviamente non asfaltate) che si trovano fuori dal centro cittadino. Dalla sommità la vista spazia sul fiordo, sui tanti laghi che il disgelo estivo lascia nella tundra fino ai ghiacciai, una prima presa di contatto con la Groenlandia che però non ci regala nessun animale. Di renna, bue muschiato, caribù e quant’altro, oggi non c’è traccia. Rientrati alla base dopo circa 2:30h, con giornate che non terminano mai, un giro a piedi tagliando per il Polar Lodge ci permette di scrutare l’area nord del fiordo, incrociando pure alcuni giovani avventori qui in tenda. Oggi giornata splendida come clima, ma impresa non di poco conto far base qui in quelle condizioni. Non facendo base in appartamento ma hotel, occorre trovare un luogo dove cenare, i prezzi dei pochissimi ristoranti sono elevati ma dalla reception dell’hotel ci informano che questa sera al ristorante interno (Muskox) c’è una combinazione promozionale : 2 piatti a scelta per 375dkk, oppure 3 per 455dkk. In pratica la scelta è tra antipasto-portata principale-dolce, opto per i primi 2, uova di lombo e filetto di caribù con verdure (che qui sono una chiccheria), acqua servita gratuitamente così come un’ottima focaccia al posto del pane. Una cena squisita, come qualità sicuramente la migliore del viaggio. Alle 23 c’è ancora luce, vista aeroporto con i rossi aerei dell’Air Greenland in sosta come impegno serale, Kangerlussuaq non offre nulla, il bar dell’hotel/aeroporto è in pratica l’unica attrattiva serale dove tutto chiude molto prima del tramonto. Calato il sole, la temperatura precipita, 4/5°, un grande sbalzo rispetto a quanto avveniva a casa. Percorsi 11km a piedi.
Cotone artico della tundra
4° giorno
La prima sveglia groenlandese arriva con luce già intesa, del resto dopo le 4 qui così è. Colazione in hotel, un buffet superbo, l’abbondante parte salata è ben bilanciata da quella dolce, non manca nulla per partire a piedi a perlustrare la minuscola cittadina, costituita da grandi blocchi prefabbricati colorati a sud dell’aeroporto, di suo più grande del villaggio stesso. Arriviamo al ponte che oltrepassa il fiordo, il luogo più fotogenico di tutti, non c’è un vero e proprio centro, le case son disseminate praticamente a caso, lo spazio non manca, notiamo come gli scarichi, esterni, finiscano tutti nel fiordo. Un piccolo centro sportivo con campo da basket svetta nel mezzo, attività varie inesistenti, se non la scuola, tutto pare chiuso, da bowling all’ostello, solo il museo è aperto, gli dedicheremo tempo a seguire. Alle 13 partiamo per l’escursione più nota del luogo, sempre con Albatros Artic Circle si va a Ice Sheet, Point 660. Si tratta di un percorso lungo uno sterrato di circa 40km che risale il fiordo fin verso i ghiacciai che s’inoltrano nella calotta artica. Risaliamo la valle rocciosa di Sugarloaf, lo scenario è solcato dall’omonimo fiume che nasce dal ghiacciaio Russel, si sale pian piano poiché la calotta artica ha un’altezza tra i 2 e 3km, e continua a spingere sul fondo creando così i distacchi naturali di ghiaccio e pietre. Sosta in concomitanza di un aereo caduto per mancanza di carburante, poi dopo circa 10’ la vista spazia sul ghiacciaio Russel, all’interno di un’area protetta Unesco. La giornata è nuvolosa, i colori attutiti, i rumori del ghiacciaio giungono però anche lontano, ma la nostra meta è oltre, ovvero il punto 660 da dove si sale alla calotta artica. Scendiamo sopra i sedimenti morenici per salire sul ghiacciaio vero e proprio, con questa escursione abbiamo a disposizione circa un’ora per girarcelo in totale tranquillità. Nessuno pone limiti, è talmente solido e compatto che non occorrono ramponi e piccozze, quelle servono solo a chi, con 2 giorni a disposizione, ne attraversa una larga porzione passando la notte nel mezzo, all’interno di tende termiche fornite dal tour operator. Io giro incredulo nel luogo, ghiaccio senza fine, con venature azzurre, corsi d’acqua verdi smeraldo, un’impressione straniante mai occorsa in precedenza. Un infinito di ghiaccio nel quale perdersi non è troppo difficile, meglio fissare un riferimento certo come punto base, altrimenti la voglia di proseguire verso l’ultima Thule potrebbe costar cara. Rientriamo con sosta lungo il percorso in un punto panoramico da cui rimirare al meglio il Russel e a sinistra una cascata (che dice poco di fronte alla maestosità del ghiacciaio), caffè, cioccolata e tè caldo accompagnati da biscotti in un posto fresco, o meglio, il freddo del ghiacciaio alla fine lo si percepisce anche quando la temperatura riguadagna qualche grado. Lungo l’accidentata strada (40km, quasi 2h con 2 soste per percorrerla) qualche animale s’incontra, l’unico veramente prossimo una renna dalle grandi corna. L’escursione dura circa 5:30’, ritorniamo in hotel/aeroporto giusto il tempo di lasciare lo zaino e con furgone attrezzato siamo scarrozzati al ristorante Roklubben, circa 6km di distanza sul grande lago Ferguson. Nonostante le giornate siano lunghissime, i tempi della cena sempre anticipati, è già un lusso tirare le 19:30, con partenza alle 19. Questa sera propongono un buffet libero, su questi aspetti qui bisogno contare dati i costi, è la soluzione migliore per mettere assieme quantità e prezzo (485dkk). L’offerta è varia ed infinita, non deve spaventare assaggiare la pelle fritta della balena o balena in crema di funghi, filetto di foca o bue muschiato in umido, oltre a renna preparata in più maniere, salmone ed halibut in varie versioni, ci sono anche verdure (qui merce rara e carissima) e per finire dolci a profusione, frutta, caffè perfino compreso. L’acqua è gentilmente offerta così come il pane, ma servono pure birra e vino, a prezzi da artico, ovvio. Piove forte, non c’è opportunità di un giro a piedi lungo il lago per smaltire quanto ingurgitato come se non ci fosse un domani, i rientri son fissati su 2 turni del pulmino, sempre tutto di corsa nonostante il tramonto sia ancora là da arrivare. Dall’hotel la vista sull’aeroporto coi rossi aerei dell’Air Greenland è l’unica possibilità per far serata, anche la caffetteria è praticamente vuota, nonostante l’hotel sia al completo. Percorsi 14km a piedi e circa 90 coi 2 mezzi.
Navigazione tra gli iceberg nel fiordo di Ilulissat
5° giorno
Colazione abbondante con tempi rilassati, liberiamo le camere lasciando i bagagli direttamente al check-in dell’aeroporto (in pratica siamo nello stesso stabile) anche con larghissimo anticipo, del resto qui i voli interni sono una sorta di autobus. Liberi dalla zavorra ci ributtiamo in centro villaggio, durante il percorso un aereo militare decolla proprio quando percorriamo il tratto di strada dietro di esso, saremo lontani quasi 200 metri ma lo spostamento d’aria è spaventoso. Tappa al museo (70dkk) che narra la storia di Kangerlussuaq, insediamento principalmente in essere per via delle basi U.S.A. e del suo tattico aeroporto. Potrebbe essere un colpo basso non di poco conto il sorgere di 2 nuovi aeroporti in Groenlandia, quello nella capitale di Nuuk (uno è già esistente, ma piccolo) previsto entro fine anno, e quello a Ilulissat, il centro turistico più importante dell’isola, previsto per fine 2025. Non che Kanger abbia molto altro da perdere, rimarrà ancor di più un avamposto verso la calotta artica e nulla più, sempre quando i ghiacci non lo isolano dal mondo. Ci rigiriamo qualche area del centro, ma le prime gocce di pioggia ci consigliano il rientro in aeroporto, proprio avvenuto quando un forte temporale si abbatte sul fiordo. La lunga attesa è dovuta anche dal fatto che come accennato, imbarcarsi è come salire sul bus, quindi tempi ridottissimi d’attesa. Il volo di Air Greenland verso Ilulissat è a bordo di un Dash 8-200 a elica, 37 posti stile corriera, con quelli sul fondo che coprono l’intera apertura del velivolo e posto nel mezzo ideale per stendere le gambe. Nonostante il volo duri solo 45’, l’hostess di gran corsa riesce a servire da bere a tutti. Già prima dell’atterraggio sorvolando il mare si notano grandi iceberg alla deriva, diventerà una costante del luogo, ma alla prima vista son già un’emozione. A piedi si raggiunge il terminal, ritiro del bagaglio a mano (non c’è nastro trasportatore), con un taxi van prenotato in precedenza (al salatissimo costo totale di 120€) siamo condotti comodamente alla casa ove faremo base per la settimana, Ilulissat Guesthouse Red House, da non confondere con l’attigua Blu House, sempre in gestione dalla stessa compagnia ma affittata anche a singoli posti. La splendida casa può avere da 6 a 9 posti letto (volendo stringersi anche 10), trattata in precedenza ha un costo indicativo di 67€ a testa al giorno. E’ dotata di tutto quanto possa servire, con una vista mozzafiato sul golfo, unico neo, un solo bagno a disposizione. Nel piano sottostante c’è anche la sauna, ma occorre prenotarla dall’agenzia, a prezzi non propriamente popolari. Sistemiamo le vettovaglie portate dall’Italia che completiamo raggiungendo il vicino supermercato Spar (se ne trovano anche altri più grandi, ma come prime necessità questo è stato sufficiente) in uno scenario di case dai mille colori, sembra quasi un villaggio psichedelico colorato da un freak. A questi colori va aggiunta la vista sulla baia coi iceberg di varie forme che paiono fermi e sempre uguali ma che in realtà si muovono e cambiano di stato, ma non lo fanno notare se non quando si rompono. Il tramonto visto dalla casa, che ha anche un’ampia terrazza coperta, è incantevole anche in una serata nuvolosa, si nota un sole calante e salutante ben dopo le 22. Tra pioggia, attesa del volo e sistemazione in casa, percorsi solo 8km a piedi.
Ilulissat, vista dal sentiero giallo verso il punto panoramico del sentiero blu
6° giorno
Colazione in casa, molto meno sontuosa delle precedenti ma sempre sostanziosa, poi prendiamo contatto col nuovo mondo che ci attornia. Ilulissat è un paese vero e proprio, 5.000 abitanti su di un’area estesa poiché non esistono condomini se non 2 lunghi e bassi caseggiati proprio in pieno centro, il tutto distribuito su tante tondeggianti collinette attorno al porto, piccolo e stretto non adatto all’attracco delle grandi navi da crociere che hanno iniziato a far tappa. Dalla nostra casa per andare verso il centro si passa dalla celebre Zionip Oqaluffia, la chiesa di Zion, solitamente ritratta con sullo sfondo enormi iceberg. E così è, vanno e vengono come le nuvole deandreane, regalando uno spettacolo unico. Prendiamo contatto con alcune agenzie, che sono di fatto la categoria di negozi più rappresentati in paese (e dove trovare souvenir, se interessati, oltre a wi-fi e quasi sempre caffè offerto), per far “massa critica” ancora all’Albatros Artic Circle. Per tutti trattiamo 2 escursioni, al Ghiacciaio Eqi e all’isola Disko, questo ci permette di avere tariffe migliori e navi in pratica dedicate a noi. Proviamo a fissare provando a scegliere le giornate col meteo migliore, ma è un terno al lotto, imparando che quasi sempre di mattina il cielo è coperto, pomeriggio/sera si libera. Tra le altre escursioni interessanti segnalo quella al crepuscolo verso gli iceberg, l’avvistamento balene (ma con quelle fissate le incontreremo sempre), quella per la pesca d’altura in mare ed i vari voli sugli iceberg, in aereo (1.800dkk per ora) o elicottero (2.000dkk x ora). In centro al supermercato Akikiu troviamo qualche piatto caldo, unico inconveniente quello di doverlo mangiare all’aperto, ma il caldo dei cibi regge. Un piatto misto con carne e 2 varietà di verdure costa 49dkk, il kit posate 2,5dkk. Essendo in prossimità del porto, tanto vale buttarci un occhio e da lì risalire la costa in direzione dell’aeroporto giungendo al promontorio di Nordre Næs. Non c’è un vero e proprio sentiero per giungervi, ma basta salire e scendere le rocce ed attraversare le parti verdi tipo tundra. La vista sulle case colorate del villaggio con nel mezzo i tanti piccoli e grandi iceberg è fuori dall’immaginario, si tratta di un’escursione non indicata ed alternativa che consiglio, in direzione opposta delle note ed indicate su tutte le mappe, ben segnalate da sentieri colorati, saranno per i giorni a seguire. Avendo giorni a disposizione, iniziare da questa ha un suo perché, non s’incontra nessuno, si può andare a piacimento, sia nel punto più alto, sia nelle piccolissime spiaggette dove giungono piccoli iceberg. Si passa nella zona dell’Arctic Hotel che offre su di un promontorio alcuni igloo metà di legno e metà ricoperti da vetrate, ideali per rimirarsi le aurore boreali direttamente dal proprio letto. Riprendendo la via di casa, passiamo in una delle tante zone dedicate ai cani da slitta, tutti al guinzaglio (circa 2/3 metri) molti con una cuccia a disposizione. Sono fondamentali per il periodo dei ghiacci quando le strade non sono percorribili, fortemente proibito non solo dargli cibo ma anche toccarli (son tutti molto mansueti). Devono riconoscere solo il proprietario e muscher a cui dedicare le loro fatiche invernali. Quando il proprietario si avvicina per iniziare a disporre il cibo uno ad uno, un profondo ululare si diffonde per Ilulissat poiché di cane in cane diviene una nenia totale di migliaia di cani. I cuccioli, liberi di girare, vi faranno compagnia in più punti. Ripresa la via asfaltata, rientriamo a casa col sole che inizia a far capolino, pronti per una doccia tonificante ed una cena che vede protagonista una quantità di pasta asciutta cospicua. Tempo per gustarsi il tramonto con tisana/tè/caffè al ginseng dalla terrazza di casa, nonostante il sole, la temperatura scende e verso le 22 non si arriva a 4°, ma un freddo secco molto meno spaccaossa di quanto abituale da noi. Ed il piacere di far serata leggendo un libro qui all’aperto con la luce solare che non vuole andarsene, non ha prezzo. Percorsi 14km a piedi.
Baia di Ilulissat
7° giorno
Mattinata nuvolosa, colazione con tempi comodi per prendere poi la via di uno dei 3 sentieri colorati che contraddistinguono l’area di Ilulissat verso l’omonimo fiordo, all’interno di un sito patrimonio mondiale dell’umanità Unesco. La mappa che ogni struttura che abbia un minimo a che fare coi turisti del paese distribuisce, illustra al meglio questi sentieri, il giallo nella parte ovest, il blu nell’est e il rosso che in realtà è poco più di un taglio del blu, oltre alla grande passerella che collega l’Ilulissat Isfjordcenter col promontorio di The Cliff. Dalla nostra casa, si arriva velocemente al punto di partenza del sentiero giallo nel lato più a ovest, ovvero sulla Disko Bay, bordeggiando la zona abitata più a sud dove oggi si svolge una gara podistica per scolari. Non c’è una grossa calca, son quasi stupiti nel vederci, raggiungiamo in tranquillità la partenza del sentiero presso la grande centrale di produzione d’energia elettrica Nukissiorfiit, dove una scultura domina il panorama presso il Ilulissat sten 275 års jubilæum. Da qui si gode una grande vista sul villaggio, le coloratissime case e gli iceberg sullo sfondo, la scalinata di legno porta alla partenza dove le rocce riportano il segno giallo da seguire. Da subito lo sguardo va verso il mare ed i primi iceberg flottanti, la giornata resta nuvolosa e la vista impressiona ma non rende merito al luogo, proseguendo ci s’imbatte in The Hut, una sorta di bar nella tundra in una specie di casa costruita con torba ed erba, al momento non ancora aperto. Proseguendo si sale e s’iniziano a vedere i grandi iceberg provenienti dal fiordo a sua volta dall’enorme ghiacciaio Sermeq Kujalleq che si perde nella calotta artica. Giunti al punto estremo a sud-ovest la vista inizia a vagare sui chilometri infiniti d’iceberg che riempiono il fiordo, 75/80km di giganteschi blocchi di ghiaccio che si spostano, rompono, spingono e urlano, così da regalare visioni fuori dall’ordinario. Qui siamo già all’interno dell’area protetta Unesco, contraddistinta da piccole montagnette di pietre colorate di giallo infilzate da una spranga di ferro, tutto molto basico. Lasciamo il sentiero per inoltrarci sulle grandi rocce prospicienti il fiordo, un sentiero vero e proprio non c’è, ma lo s’improvvisa senza difficoltà, scendendo sino ad una piccola spiaggia ricoperta da quel che resta dei grandi iceberg. Da qui si può risalire alla passerella che porta sia al museo sia verso il sentiero blu (cercando di evitare l’area protetta di Sermermiut), buttando un occhio a The Cliff, una fessura tra le rocce a strapiombo nel vuoto, leggenda narra che un tempo gli inuit anziani quando ritenevano giunto il loro momento d’addio, venissero in questo posto a lanciarsi per ricongiungersi con la loro natura. Le nuvole coprono la vista, proseguiamo verso est prendendo il sentiero blu fino al bivio col rosso, le condizioni del tempo son sempre peggiori, tra le nuvole c’imbattiamo anche in una leggera pioggia, non si scorge più nulla, tanto vale rientrare verso l’Ilulissat Isfjordcenter (sul cui tetto in legno si può salire a camminare) e da lì verso il centro del villaggio lungo una strada asfaltata dove stazionano tantissimi cani da slitta. Per ritemprarsi da questo clima artico, niente di meglio che sosta all’Hong Kong Cafè, unica soluzione pratica, sostanziosa e non costosissima che s’incontra. Tra i quasi 100 piatti proposti (menù anche in inglese, foto dei piatti) opto per una corroborante zuppa di noodles e verdure con carne di manzo, aggiungendoci un involtino primavera (94dkk, acqua filtrata da caraffa Brita offerta). Veramente ottima la prima, meno il secondo, ma il posto promosso a pieni voti, aperto tutto il giorno, sempre pieno, non a caso, d’avventori. Un passaggio a casa per notare come dal pomeriggio il tempo velocemente migliori, ed allora tanto vale rifare il percorso giallo ma lungo la sua traccia completa, ovvero non tagliando verso la spiaggia ma risalendo la collina, la vista è di tutt’altro aspetto, godendo anche di un po’ di sole e di giochi di luce splendidi. Il sentiero giallo misura 2,7km, ai quali vanno aggiunti quelli per raggiungerlo, dall’Ilulissat Isfjordcenter ci sarebbe anche un autobus che riporta in centro, ma direi che sia inutile, a meno che non piova intensamente. Poco prima del museo si passa a fianco dell’antico cimitero, una visione da far west, mentre a seguire salendo sulla collina delle antenne il panorama è completo. Rientrando m’imbatto nell’addetto alla nutrizione di una buona parte di cani da slitta, gli ululati salgono intensi, lanciando rimandi non solo a tutti i cani qui presenti, ma pure a quelli dislocati in altre zone del villaggio. Alle 5 della tarde (forse anche più le 7, ma le 5 suonan meglio…), qui non è tempo di corrida o del tè, ma del cibo per cani, mansueti ma affamati. Rientro a casa, tempo per una doccia e poi si prepara la cena, che ci accompagnerà a sera/notte, con la solita luce che non se ne va mai. Percorsi 20km a piedi.
Stretto di Davis, una balena s'immerge tra gli iceberg
8° giorno
Colazione in casa mentre fuori la temperatura segna 4,5°, è domenica e c’è la possibilità di visitare la Zionip Oqaluffia, raggiungibile dalle alte scalinate in legno a sud, così d’avere una vista ancora migliore. La funzione delle 10 prevede il battesimo (oggi è domenica), non è chiaro se si possa entrare o meno, io m’infilo giusto il tempo per dare un’occhiata e ascoltare alcuni canti, poi lascio il posto a chi arriva per la funzione in largo ritardo, tutto il mondo è paese, anche dove non possono accampare la scusa del traffico. Poche auto, chissà perché la stragrande maggioranza di Suzuki, tutti diligentissimi, frecce utilizzate sempre, pure quando non si vede nessuno ovunque. Da qui attraversando tutto il paese provo a raggiungere il sentiero che va verso i laghi a est, passato tutto Ilulissat di fronte ad un supermercato Spar c’è un nuovo quartiere, proprio a fianco parte un sentiero che porta ad un insediamento di cani da slitta, tutti tranquilli a parte svariati cuccioli che hanno una voglia irrefrenabile di giocare. Passati anche questi ci si accorge che un sentiero vero e proprio non c’è, la tundra lascia spazio ad un acquitrino invalicabile, rientriamo e proviamo a sentire da qualche abitante del posto, ci conferma che il sentiero è praticabile solo coi ghiacci passando con le slitte trainati dai cani. Così il giro che avevamo intenzione di fare è già terminato. A quel punto facciamo tappa ad uno dei 2 musei cittadini, Ilulissani Katersugaasivik, museo storico che sorge presso la casa natale di Knud Rasmussen, il più celebre esploratore groenlandese. Il biglietto (100dkk, pagabili anche con cc) vale per entrambi i musei, lasciate scarpe, zaini e giubbotti si sale per entrare nella storia locale molto connotata con le imprese di Rasmussen, ma ci sono svariate suppellettili anche al di fuori di quanto riconducibile al buon Knud. Un filmato ripercorre la storia dei primi gruppi abitativi, ma non manca anche il primo telefono pubblico, insomma, in poco spazio e in poco tempo ci si fa una veloce idea della dura vita nell’artico. Il museo è nei pressi dell’Hong Kong Cafè, non farci una pausa suona male, oggi testo ancora la zuppa di noodles accompagnata da gamberetti (85dkk), medesima soddisfazione. Col sole che si prende la scena, decido di percorrere il sentiero giallo nella direzione opposta, ovvero dall’Ilulissat Isfjordcenter verso la centrale elettrica Nukissiorfiit e devo dire che la vista ne guadagna e non poco poiché si è sempre rivolti verso il fiordo coperto dagli iceberg giungendovi dall’alto. Oggi incontro anche qualche altro avventore sul sentiero così da scambiare due chiacchiere per avere qualche possibile alternativa per altre escursioni, magari anche future, venendo ad imparare del battello postale che studiandone al meglio percorso e coincidenze potrebbe fornire spunti molto interessanti. Dal punto più alto, contraddistinto dal segno Unesco, fermarsi a rimirare il paesaggio fermo ma in movimento (pare assurdo, ma qui non lo è) diviene quasi un fatto obbligato, imposto dalle proprie emozioni. I colori sono intensi all’ennesima potenza, la pace totale fa dimenticare il freddo (perché i quasi 8° del centro qui non ci sono con l’infinito d’iceberg di fronte) e tardo a rientrare. Passando da The Hut noto come i preparativi per l’aperitivo abbiano anche il relax su sedie sdraio, il ghiaccio per prepararli non manca di certo. Quando giungo a casa, nella baia staziona, oltre ad una grande nave da crociera dotata pure di elicottero a prua, una nave da guerra battente bandiera danese. La solita abbondante cena (o meglio dose abbondantissima di pasta asciutta) lascia spazio ad un tramonto bello da rimirare poco fuori l’hotel Icefiord, dove il sole si nasconde tra iceberg immensi, colorandoli come un pittore cui sia caduta la tavolozza. Percorsi 14km a piedi.
Disko bay, in navigazione
9° giorno
Colazione in casa e a piedi raggiungiamo l’ufficio di Albatros Artic Circle con 15’ di anticipo rispetto alla partenza per l’escursione al ghiacciaio Eqi (1725dkk), come chiesto in sede di prenotazione. L’imbarco avviene proprio al termine della scalinata che porta al mare, dove la Smilla ci attende, nave chiusa con servizi all’interno, rinforzata per poter, almeno un minimo, resistere ai ghiacci. Navighiamo in direzione nord nella Disko Bay, costeggiando la larga baia, passiamo l’avamposto di pescatori costruito dagli olandesi di Oqaatsut (popolazione 45 abitanti in estate, 22 in inverno), poi si entra nello stretto di Davis chiuso dall’isola Arve-prinsens Ejland, che ha ritrovato alcuni abitanti dopo essere restata disabitata dal 1945 al 2004. L’incrocio con uno stretto fiordo genera vortici, c’imbattiamo anche in 2 balene che placidamente si lasciano trasportare dalla corrente, il capitano le indica come dormienti, poi pian piano piccoli pezzi di ghiaccio iniziano a palesarsi, passata una cascata sul lato destro diventano sempre più importanti fin quasi a destare preoccupazione. La marcia rallenta, lo spettacolo aumenta, lo sbattere della nave contro di questi un po’ inquieta, ma per il capitano è normale amministrazione, mentre sono offerte bevande calde, che aiutano poiché ora inizia ad essere tempo sprecato quello passato all’interno dell’imbarcazione. Prima di avvicinarci all’Eqi, si oltrepassa il grande ghiacciaio Nord, non avvicinabile poiché appoggiato sulle acque, crea iceberg sotto l’acqua che possono riemergere senza farsi notare con guai di non poco conto alle imbarcazioni. Più largo ma meno alto dell’Eqi, da qui in avanti la navigazione si fa lenta, in pratica occorre aprirsi la rotta tra i ghiacci lasciati dagli iceberg appena staccatisi dal ghiacciaio. La temperatura precipita, il muro vero e proprio dell’Eqi inizia a mostrarsi in tutta la sua imponenza, 4km di fronte, 200m d’altezza, un’intera baia ricoperta dai ghiacci. Par di essere Rasmussen in esplorazione, ghiaccio e ghiacci ovunque, un vento gelido, uno spettacolo della natura d’incomparabile magnificenza. Sembra di essere prossimi al muro di ghiaccio, in realtà il capitano ci fa sapere che le distanze traggono in inganno, quello che par lì, dista invece 1,4km, qui facciamo tappa più ipnotizzati che attoniti da tale luogo. Non so esattamente la temperatura reale, noto solo come le batterie della macchina fotografica si scarichino velocemente come mai accaduto in precedenza, ma l’adrenalina dettata dal luogo non fa accorgersi del freddo effettivo. Un’ora il tempo passato fermi a rimirare lo spettacolo, col ghiaccio che circonda e crea un manto unico attorno alla nave. Lentamente si riprende la rotta del ritorno, è servito un pasto freddo (polpette e verdure) con torta e mela, tè e caffè caldi a profusione, ne abbiamo bisogno. Lasciati i ghiacci, c’imbattiamo anche in alcune balene giocherellone, salgono e scendono, si rincorrono e sembra ci salutino, fin quando con un rumore elevato una salta da sotto le acque verso il cielo ricadendo pesantemente nel mare, così da creare un piccolo maremoto, ma che spettacolo incredibile! Pure il capitano è tutto preso da questo numero, per lui incrociare balene è quanto di più banale ci possa essere ad ogni escursione, ma in 10 anni di navigazione questa è solo la quarta volta che vede una balena evoluire in questo modo. Felici, anzi esaltati, rientriamo in porto a Ilulissat, durata dell’escursione di 6h, toccata terra ci sta un giro del paese pure per smaltire la sensazione di dondolio che la barca lascia. Su e giù tra le case colorate che iniziano ad essermi familiari, ma sullo sfondo il mare cambia i connotati ogni volta, i grandi iceberg mescolano il panorama facendolo sembrare ogni giorno differente. Rientro a casa, doccia e cena, con una grande novità, niente pasta ma una zuppa ai cereali che suona come una delicatessen di alto livello. Cielo coperto verso la tarda serata, tramonto non spettacolare. Percorsi 8km a piedi.
Ilulissat, ingresso nell'area Unesco
10° giorno
Solita colazione in casa per poi prendere la via dell’Ilulissat Kunstmuseum, il museo d’arte. L’apertura alle ore 12 ci costringe a posticiparne l’ingresso, da qui andiamo alla partenza del sentiero blu nella zona di Stenbrudder, l’angolo più orientale del villaggio. La giornata non è delle migliori ma ormai non abbiamo molta scelta tra i giorni, e così si parte per il sentiero più lungo tra quelli “colorati”, 7km, ai quali troveremo maniera di aggiungerne ulteriori con alcune deviazioni. La prima parte è in salita dentro una sorta di canyon, al punto di valico si entra nell’area Unesco in prossimità di un lago. Da qui il sentiero sale e scende dolcemente per arrivare sul fiordo, incrociando un fiume che scende dall’ennesimo lago (qui in inverno e tutto ghiaccio, questi ne sono i residui estivi), oltrepassato il quale si può accedere fuori dal sentiero a sinistra ad un promontorio con vista su tutta la parte in fronte al fiordo, interamente ricoperta da iceberg. Da qui un sentiero interno, facilmente rintracciabile, va ad una cascata, non figura sulle mappe forniteci, ma l’addetta di Ilulissat Adventure l’ha segnata a biro per noi sulla carta. Da una sorta di luogo di vedetta tra grandi massi rotondi mi mangio un panino preparato a casa con carne in scatola danese, quanto di più basico trovato al market, la vista ripaga un panino non indimenticabile. Identificato il passaggio, riteniamo che questa escursione possa essere ottima per l’ultima giornata al villaggio, ritorniamo sul sentiero blu, si può fare riguadando sulle grandi pietre il ruscello nella parte alta, ma pure dalla spiaggia più a ovest. Il percorso blu è contraddistinto da facili segni ben visibili, ma in realtà di percorsi ne passano numerosi più o meno paralleli, si scelgono a piacere, se si vuole restare prossimi agli iceberg oppure godersi la vista dall’alto. Oltrepassiamo il bivio col sentiero rosso, ed oggi la vista è ben altra cosa rispetto a qualche giorno fa, per arrivare a The Cliff, dove in prossimità della passerella il sentiero blu termina. Questo è il luogo che richiama più avventori, facile l’accesso dal museo, con posto di vedetta dotato di panchina e telescopio per vista sugli iceberg. Sul promontorio a destra di The Cliff c’è modo di salire, non è indicato ma si fa, ci si può spingere fino al punto finale per avere la miglior visuale su tutto il fiordo, nella parte a sinistra l’infinita distesa senza interruzione d’iceberg, nella parte a destra questi immensi blocchi che spezzandosi regalano scenari mutevoli e colorati. Una lunga pausa contemplativa è scontata, poi discesi, riprendiamo la passerella che porta all’Ilulissat Isfjordcenter, lungo la quale oggi incrociamo alcuni avventori giunti con le crociere artiche in un collage d’abbigliamento che fa strano. Ci sono quelli coperti da cima a fondo con giacche e pantaloni forniti dalla nave di appartenenza che potrebbero sfidare un mare terribile, chi gira in mocassini e maglietta maniche corte e chi esibisce un kit escursionistico da giorni e giorni in solitaria. Il tempo indicato dalle mappe per il sentiero blu è di 5h, di passo normale senza più variazioni si fa in meno tempo, ma ci sono da considerare oltre a quelle, le soste in contemplazione, poiché quanto si vede qui non è replicabile quasi da nessuna parte, almeno in nessun luogo abitato come qua. Torniamo in centro villaggio, al supermarket Brugseni hanno una bella panetteria con pure posti dove mangiare e bere seduti (ma oggi niente piatti caldi), caffè e pasta (23dkk) son quasi un dovere prima di darci alla cultura. Tempo per il museo d’arte, in pieno centro, diviso in 2 sezioni, una a piano terra con esposta la mostra temporanea di Daniel Ranalli che raffigura gli spiaggiamenti delle balene nel corso del tempo, al secondo quella permanente di Emanuel Aage Petersen, che ritrae differenti visioni della natura groenlandese. Per la prima, fondamentale leggere le note introduttive, altrimenti resterebbe una visione sterile, cosa che in realtà non è. In questo museo c’è spazio per lasciare scarpe e giubbotti, mentre per gli zaini va chiesto all’addetto di poterli lasciare nella sua postazione. Orario ristretto, 12-17, e già qualche minuto prima delle 17 ci ricordano di essere in chiusura. Rientriamo passando dalla “solita” Zionip Oqaluffia, come prevedibile la vista è sempre diversa, col colore del sole che rende gli iceberg una specie di nuvole fluttuanti nel mare anziché nel cielo. A casa per rifocillarsi dopo una doccia più che necessaria, prima di godermi un tramonto mozzafiato sulla baia di Ilulissat comodamente installato nella terrazza di casa, come colonna sonora i rumori di alcuni iceberg che si spezzano. Percorsi 19km a piedi.
Qeqertarsuaq, preparazione del banco di vendita
11° giorno
Ultimo giorno a disposizione presso Ilulissat e dintorni, colazione in casa con tempi comodi causa pioggia. Purtroppo il clima piovoso non varia a lungo, passo in lettura il tempo fino alle 14 quando di sole non c’è traccia ma almeno giove pluvio ha smesso di lavorare. Così, più per muoversi che per partire alla scoperta di qualche luogo si parte per il centro città per noi scendere all’’Ilulissat Isfjordcenter così per fare una camminata sul suo tetto di legno. Improvvisamente però il clima varia, le nuvole spariscono e il sole si prende il panorama, veramente un cambiamento alla velocità della luce, o del forte vento di qua. Poiché la prevista escursione alle cascate nel promontorio a sud-est del sentiero blu non è fattibile (non tanto per il tempo a disposizione ma per i guadi in pessime condizioni) decidiamo di percorrere il sentiero rosso da nord a sud, non ancora affrontato, soprattutto vedendo il panorama, situazione non fattibile al primo passaggio tra nubi fosche. Come per gli altri sentieri i segni colorati sulle rocce rendono facile identificare il percorso, ma anche andando a piacimento impossibile perdersi. Oggi la vista è strepitosa in ogni dove e così il grande fiordo tutto esaurito dagli iceberg è un piacere assoluto, all’incrocio col sentiero blu prendiamo verso ovest fino a The Cliff, salendo sul piccolo promontorio nella parte est. Vista ottima sul fiordo, anche se non completa come salendo sul versante opposto, già percorso giorni addietro. La passerella che risale al centro la lasciamo a metà tagliando puramente a caso verso il punto di vedetta del sentiero giallo, con prevedibili viste mozzafiato con questa luce. Ed una sosta “definitiva” (nel senso che sarà l’ultima) qui è doverosa. Riprendiamo il sentiero che ben conosciamo, passando da The Hut ci sono più persone che ben interpretano lo spirito del posto, in relax sulle sdraio con una bibita in mano spaparanzati vista baia ed iceberg. Prima di scendere la scalinata che porta alla centrale elettrica Nukissiorfiit, ultima vista del villaggio colorato con cambio di disposizione degli iceberg, sempre un piacere. Rientro a casa con sole ancora ben alto in cielo, doccia e cena per poi goderci dalla terrazza un tramonto che pare non terminare mai. Percorsi 12km a piedi
In sosta di fronte al ghiacciaio Eqi
12° giorno
Sveglia anticipata rispetto al solito, un rapido tè giusto per scaldarci e poi via all’ufficio di Albatros Arctic Circle da dove c’imbarchiamo non prima che sia servita la colazione, bevande calde, biscotti e torte. Si parte in nave destinazione Disko Øer (2.050dkk), ovvero l’isola di Disko che si trova dalla parte opposta dell’omonima baia. Navigazione di circa 2h, avviciniamo l’isola nella parte a nord, non prima di esserci imbattuti in balene, avvistando alcune cascate su di un’isola che non ricorda per nulla il territorio groenlandese. Per chi sia stato alle isole Faroe, quella è morfologia del terreno, montagne che si perdono tra le nuvole, un verde intenso con però iceberg che spuntano qua e là. Aggirata la torre d’avvistamento delle balene entriamo in porto per attraccare e scendere all’esplorazione dell’isola iniziando dal villaggio di Qeqertarsuaq (nome impronunciabile, la doppia qe iniziale è uno schiocco di lingua). Nell’isola abitano 860 persone, 8 in un piccolo insediamento esterno, gli altri tutti qua, un’isola connessa al resto della Groenlandia in nave d’estate, in aereo o elicottero nei lunghi mesi invernali e senza luce, una vita molto difficile per chi non vi è nato, e anche per chi vi sia nato la speranza è quella di trovare altri luoghi, in primis la Danimarca. Ma questa non è una nostra aspirazione, visita del villaggio dove si trova pure un bell’hotel con ristorante caffetteria attiguo, per poi spingerci lungo la costa in esplorazione. Vi sono alcuni luoghi top secret, ove sono studiati terreno e tipologie di coltivazioni uniche e relativi esperimenti (Arktisk Station), si passa ma non ci si può fermare e nemmeno avvicinare. Il campo da calcio con erba sintetica che si oltrepassa (qeqertuarsarmi timersoqatigifflk) ha ospitato da nemmeno 2 settimane la finale del campionato nazionale della Groenlandia, durato dal lunedì al sabato. Non prendetela per certa questa notizia, ma dovrebbe aver vinto la squadra della capitale Nuuk contro quella di Ilulissat, partita disputata qui (zero tribune, un freddo inteso sempre) per la sua collazione altamente iconica, iceberg sullo sfondo, unico campo al mondo. A completare l’impianto, 2 bagni impraticabili ed i resti di ipotizzabili spogliatoi (devastati), magari una doccia calda per gli atleti non era male, pur se qua a fine partita si preferisca il bagno tra i ghiacci. Proseguiamo lunga la costa, si dipanano più sentieri, prendiamo quello giallo per le scogliere laviche dal ponte in zona Kuussuaq, mentre un altro sentiero va all’interno verso la casa rossa italiana, chiamata così perché a suo tempo utilizzata da studiosi italiani. Arrivati al punto panoramico (denominato vagamente Kuannit) facciamo tappa, per chi vuole si può mangiare qui il panino fornito dalla guida, visti i tempi a disposizione ed il clima che volge al peggio non possiamo andare oltre. Io opto per rientrare subito a Qeqertarsuaq e nel caso buttare un occhio verso altre direzioni, ma una forte pioggia scende appena entro in paese, all’inizio del quale segnalo in caratteristico Cafe Blu, dove di sera suonano e si può sgranocchiare qualcosa, mentre di giorno hanno solo patatine mentre per il bere non c’è problema, di tutto a volontà. La pioggia incessante mi fa prendere la via dell’unico grande negozio del villaggio, il centro commerciale Pilersuisoq dove su 2 piani si può trovare un po’ di tutto, dal cibo (anche piccola panetteria) fino all’acquisto delle auto per percorrere i pochi km delle strade dell’isola. Non c’è tempo per il piccolo museo, ha orari limitati (11-14) che mal si combaciano coi tempi a nostra disposizione per l’escursione. Risaliamo sulla nave per affrontare un ritorno con mare ben più agitato, impieghiamo 2:30 invece di 2 con sosta tra piccoli iceberg che riempiono la baia. La nave è riscaldata, quindi il viaggio decisamente comodo, bevande calde sempre a disposizione, al ritorno frutta (mela) e torta ancora servite, servizi igienici disponibili ma accessibili uscendo dalla cabina. Ritocchiamo terra a Ilulissat dopo circa 8:30 dalla partenza, divise tra 4:30 di nave e 4h sull’isola, accompagnati dalla guida, c’è anche un servizio di ferry pubblico, ma gli orari variano a seconda delle condizioni del mare. Per sgranchire un po’ le gambe dopo le 2:30 in nave un ultimo giro in centro, ma tutto è già chiuso, nemmeno un’agenzia viaggi dove buttare un occhio per qualche tardivo souvenir. A fatica di sera sono aperti i pochi ristoranti, figuriamoci i negozi. Rientriamo così a casa con una leggera pioggia che riprende a cadere mista a neve/ghiaccio, serata particolarmente fredda, niente di meglio per un’ottima zuppa di cereali. La vista del tramonto non è certo esaltante come tante serate precedenti, il commiato è sempre triste. Percorsi 19km a piedi.
Le scogliere vulcaniche dell'isola Disko
13° giorno
Sveglia anticipata sotto la pioggia, colazione in casa e poi pulizie finali, alle 8 il taxi van è puntuale a recuperarci per andare in aeroporto in 10’. Le 2h d’anticipo qui sono qualcosa di sconosciuto per i voli interni, l’aeroporto è un deserto ma un’addetta è presente, così facciamo il check-in (per i voli interni non è fattibile on line, del resto voi lo fate per l’autobus?) e poi grazie al largo anticipo abbiamo possibilità di appropriarci di una poltrona per l’attesa. Anche per questo volo niente controlli, si sale quasi a piacimento su di un Dash-8 dai soliti 37 posti della Air Greenland, il volo non è diretto ma fa tappa ad Aasiaat, situata in un’isola a ovest di Ilulissat, raggiunta in 20’. Occorre scendere poiché viene compiuto il rifornimento di carburante, si risale dopo 20’ e in 30’ si giunge a Kangerlussuaq, anche questa volta c’è tempo per essere serviti di una bevanda. Sbarcati, entriamo in aeroporto per prendere praticamente al volo il prossimo aereo destinazione Copenaghen, questa volta i controlli ci sono, non particolarmente dettagliati, ma suppongo che per qui siano pure invasivi. Una sosta totale di 30’ e si sale sul moderno A330-800 dell’Air Greenland, dotato di schermo personale per un volo della durata di 4:30. Servito snack con bevanda (bottiglia intera lasciata) e a seguire il pranzo, di nuovo polpette fredde, sarà una caratteristica imperdibile per i viaggiatori di qua. Temperatura piuttosto fredda all’interno dell’aereo, se serve si può richiedere una coperta gratuitamente, mentre le cuffie audio sono a pagamento (35dkk). Volo in orario, giungiamo a Copenaghen alle 20 poiché si aggiungono 3h di fuso orario, cerchiamo un taxi van per il Cabinn Hotel (15/20’, 66€ pagabili con carta, in contanti solo se esatti). Qui purtroppo la prenotazione effettuata al passaggio precedente non risulta, troviamo comunque una sistemazione dopo un lungo confronto alla reception, ma a prezzi molto più alti di quanto definito in precedenza, solo camere doppie anziché quadruple (660dkk a cui aggiungere 99dkk per la colazione), unica soluzione praticabile visto l’orario. Si è già fatto tardi e così per cena non si va oltre quanto offre il bar dell’hotel, una mesta insalata (49dkk) a cui aggiungere giusto una residua barretta ai cereali, visto ed assaggiato di meglio, in camera c’è la possibilità di prepararsi un tè caldo, forniti bollitore e bustine. Tempo per il check-in on line del volo a seguire l’indomani. Percorsi 7km, praticamente tutti tra aeroporti.
In volo con Air Greenland
14° giorno
Sveglia di buon mattino per una colazione corposa, compreso panino da asporto da mangiare per pranzo, poi dopo aver liberato la camera e lasciato lo zaino nel deposito dell’hotel (40dkk per 6h) esco per un ultimo giro della capitale danese. Risalgo il canale principale (Sydhavnen) per attraversarlo sul ponte pedonale e ciclistico Lille Langebro, che proprio in quel momento si apre per il passaggio di un veliero. Costeggio la zona fino al ponte “degli alberi maestri” Cirkelbroen per prendere l’interno di Christianshavn dove svetta, passati alcuni piccoli canali, la torre a guglia della Von Frelser Kirke, la chiesa del redentore. L’ascesa alla celebre torre è però già tutta esaurita per la giornata, così desisto dal mio intento e procedo verso quello che qualche decennio fa era considerato uno dei quartieri più liberi e inquietanti del mondo, Christiania. Ora la grande area che sorge sull’Oven Vandet non è più la nota comune hippie, ma qualcosa del passato si può ancora percepire, a cominciare dai murales e dalle tante piccole abitazioni che ospitano ancora persone, in un clima di relax che lascia però il posto al commercio, bar sempre più sfiziosi, a fianco di mercatini che prendono corpo col salire del giorno, di mattina si dorme, c’è tempo per il commercio. Niente più area temuta, ci sono perfino visite guidate, ma è forse più bello perdersi a caso nelle sue viuzze che seguire un percorso definito, noto come i prezzi siano però ben più contenuti che in centro città, chissà se questa bella abitudine reggerà al turismo che si fa sempre più corposo. Dopo questa immersione nel tempo che fu, ripercorro il cammino verso il Christianborg, all’interno del quale sulla torre Tårnet si può salire dalle ore 11. Così con 15’ in anticipo mi metto in fila (ci sono già circa 25 persone prima di me) per arrivare a vedermi quello che vien descritto come il panorama migliore della città. Si sale grazie a 2 ascensori e una rapida scalinata finale per accedere al piano da cui si godono le 4 viste sulla capitale, viste che meritano un passaggio, tanto più che l’accesso alla torre è gratuito, raro avvenimento in questa città. Una volta disceso ed uscito dal castello reale, faccio un passaggio al mercatino dell’usato in Vester Vergata prima di ritornare in hotel, mangiarmi il panino e ritirare lo zaino. Il taxi van precedentemente prenotato ci porta rapidamente in aeroporto (15’, 68€) dove costatiamo come i check-in di SAS siano praticamente tutti self service, anche la consegna del bagaglio sul nastro trasportatore con scansione da pistola dello stesso, una volta effettuato (per rilevarne il peso) è pronto per continuare il suo viaggio, sperando di aver azzeccato tutti i passaggi e trovarselo all’arrivo. Controlli meticolosi, ma i varchi a disposizione sono molteplici quindi tutto sommato veloci, in quella dove passo c’è un macchinario di ultima generazione dove non occorre nemmeno estrarre pc, telefoni, acqua e così via. Volo SAS puntuale, serviti tè e caffè, se si chiede acqua è a pagamento, nulla da mangiare, se non ovviamente a pagamento. Arrivo a Malpensa in perfetto orario, ritiro zaino pure veloce (il fai da te ha funzionato), con una telefonata all’addetto dell’FDP Parking appena ritirato il bagaglio, devo attendere ben poco per avere l’auto a disposizione e prendere comodamente la via di casa. Percorsi 15km a piedi.
Aprendosi una rotta tra i ghiacci rilasciasciati dal ghiacciaio Eqi
Per info
Copenaghen, antico porto Nyhavn
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