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Sardegna, weekend in moto


Alghero, Bastione Marco Polo

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Weekend “lungo” in moto sfruttando i trasferimenti in traghetto di notte in un periodo, inizio ottobre, quando il clima in teoria è ancora buono ed il turismo in pratica terminato, anche se la scelta dei luoghi non prevede mete da movida ma piuttosto percorsi in moto con tante curve, luoghi dimenticati alla ricerca di sorprese che solo in moto sono facili o comodi da raggiungere o da fotografare anche con una sosta volante lungo la strada.

Dato il periodo praticamente nulla avevamo prenotato in anticipo, poiché le condizioni climatiche ci avrebbero potuto far variare l’itinerario, e questo è stato un grande vantaggio, avendo ribaltato proprio all’ultimo il percorso dall’idea iniziale. Possibile quando il turismo non assedia il luogo, immagino non fattibile ad agosto. I prezzi riportati sono sempre a persona quando non specificato, i km dei trasferimenti a volte contemplano più le vie panoramiche che quelle dirette.


Chiesa della SS Trinità di Saccargia

Giovedì

Ritrovo alle 18:00 a Bologna, bel tempo, dal casello autostradale di Casalecchio di Reno A1 verso Firenze Scandicci (8,3€), col nuovo tratto della direttissima buona parte in galleria (Tutor attivo a 110kmh), il tempo pare reggere. C’è coda nel tratto tra Barberino e Firenze Nord, ma tutto sommato nessun problema in questi primi 94km, da qui imbocchiamo la SGC FI-PI-LI, sorta di autostrada a 2 corsie senza pedaggio e piena di Autovelox con limite ai 90kmh. Il clima cambia repentinamente, entrati in provincia di Pisa si fa tutto coperto e passato lo svincolo di Pontedera un acquazzone ci sorprende prima della meta. Sosta in un’area di servizio TotalErg tra questo svincolo e quello di Ponsacco, così ne approfittiamo per cenare, o meglio ingurgitare un panino (panino, acqua e caffè 9€) trovando già presente un altro gruppo di motociclisti, anche loro in attesa che spiova. 30’ e la situazione migliora, tanto che dopo pochi km la strada nemmeno presenta più acqua sul manto, così giungiamo comodamente a Livorno nei paraggi dell’imbarco Moby, poco prima si trovano 2 distributori di carburante.


Turre de su Puta

Grazie ad uno di noi, sardo di origine anche se non più residente ma possessore di abitazione, possiamo prenotare una cabina con prezzo dedicato (80€ a tratta per cabina da 4 persone), mentre per i biglietti della traversata, in 2 li avevamo già acquistati on-line, 2 li acquistano al momento, nulla cambia, 98€ a persona con moto sopra i 200cc. Acquistandoli in rete la registrazione su Sardegna Sicura si può fare in seguito, acquistandoli alla biglietteria occorre presentarsi con la registrazione già effettuata. All’imbarco non c’è nessuno se non 4 ciclisti, pratiche ovviamente veloci, con misurazione della temperatura prima di salire a bordo, dove nel primo ponte ci sono alcuni camion, in quelli superiori a parte i 4 ciclisti e una trentina di moto, praticamente nessuno. Preso possesso in maniera volante della cabina, giusto il tempo per salutare la terra ferma dal ponte superiore, poi una doccia calda nel pratico bagno della cuccetta e tempo di dormire, a fatica ci si accorge di essere in navigazione.


Vista di Bosa dal fiume Temo

Venerdì

Dopo una notte tranquilla (9:15 di traversata, ma eravamo veramente in mare?) gli altoparlanti in largo anticipo chiamano a colazione, evitandola a bordo ci prepariamo a riprendere le moto ed uscire, pratica immediata poiché col vuoto della stiva non ci mettiamo nulla ad espletare l’operazione. Appena usciti sosta per colazione al Caffè Principe Umberto (2 cornetti e cappuccino 4,2€) dove parcheggiamo le moto a spinta nella parte pedonale. E poi si parte, con cambiamento di programma, avremmo dovuto andare prima a sud e dopo risalire da ovest, le previsioni del tempo ci consigliano il percorso inverso, quindi via verso Tempo Pausania che raggiungiamo evitando le vie principali ma attraversando alcuni piccoli ma caratteristici paesini come Telti, con case che danno direttamente sulla via principale Il clima è buono, il sole c’è, ed è già un successo, giungiamo dopo 50km al parco termale Rinaggiu di Tempio per la prima sosta, lì il sole tende a nascondersi e l’idea di rinfrescarsi nel parco perde parte del suo senso. Proseguiamo per la SS672 con destinazione Chiesa della SS Trinità di Saccargia, che sorge in una valle tra calanchi e svetta solitaria ammantando il panorama di bianco e nero, i colori delle pietre che la contraddistinguo. Il complesso del XII secolo è visitabile con biglietto (4€) nonostante alcuni lavori di restauro all’interno.


La costa sferzata dal vento a Buggerru

Da qui proseguiamo per Sassari che raggiungiamo lungo un percorso panoramico che passa da Muros (25km), prima della serpentina che risale la collina e ci porta nel centro della cittadina. Proviamo ad intrufolarci nei vicoli ma evitiamo una sosta, decidiamo di proseguire, poiché il clima pare reggere, fino a Stintino, altri 45km in zona brulla col vento che inizia a farla da padrona seguendo le strade SS131, SP57 e 34. Attraversato il piccolo paese continuiamo per la celebre spiaggia La Pelosa e Capo Falcone, e qui dopo aver udito per anni descrizioni mirabolanti, rimango fortemente deluso del luogo. La “gentifricazione” è totale, la spiaggia niente di che, la vista sull’Asinara non male, ma in giro per il mondo di luoghi molto più affascinanti ne ho visti tantissimi, immersi nella sola natura incontaminata, non come qui, costruito malamente in ogni dove. Anche da Capo Falcone cambia poco, anzi, forse pure peggio, così col clima che vira al nuvoloso iniziamo a scendere verso Alghero, la città del corallo rosso. Procediamo per la via costiera alternando varie strade, 57,4,59, ecc…per raggiungere il capoluogo dopo 57km e fare tappa. Parcheggiate le moto in piazza Sulis a ridosso della torre, facciamo una passeggiata per il centro con prima tappa cibo da strada, in realtà seduti lungo la via da Seadas, ottima scelta (12,5€), serviti pure del caffè che non hanno ma da un bar loro amico. Giriamo Alghero visitando la chiesa di San Francesco dove un’addetta ci illustra ogni particolare e da lì proseguiamo sul bastione da dove la vista sulla città ha il suo massimo splendore, Percorriamo il bastione con un vento sempre più forte alla Torre San Giacomo e di nuovo alla Torre di Sulis o de l’Esperò Real. Il nome, tipicamente catalano, non è un caso, questa parte della Sardegna ha avuto una forte dominazione spagnola, ancora oggi gli abitanti parlano un idioma che molto deve al catalano (lo si scorge anche dal nome delle vie), riconosciuto come linguaggio vero e proprio e non solo dialetto.


Masua, vecchia miniera e Pan di Zucchero

Tempo di ripartire, si preannunciano strade splendide da percorrere in moto, destinazione Bosa, antica e prestigiosa sede vescovile. La strada ovviamente è la litoranea 105 che diviene 49, sale e scende a mo’ di pista lungo la costa, se la strada da percorrere è perfetta, il panorama invece non incanta, molta macchia mediterranea, poche rocce o promontori a picco sul mare, meglio una visita a Bosa, col castello Malaspina dominante e le case colorate sulla montagna. La cittadina di adagia sul fiume Temo, nel versante sud svettano i vecchi magazzini, da qui si gode la vista migliore. Si riparte, meta finale Oristano, che raggiungiamo passando da Tresnuraghes, Cuglieri e S’Archittu dove facciamo tappa al promontorio sul mare in cui svetta Turre de su Puta, un nuraghe che pare una sorta di faro, facile da raggiungere a piedi e da cui la vista spazia per km e km a nord e sud. Oristano non dista molto, il tratto da Bosa è di 64km per giungere all’hotel Mistral2, visionato su booking ma prenotato telefonicamente da Bosa. Camera doppia con colazione a buffet e parcheggio coperto per moto a 56€, decisamente stagione finita per un 4 stelle ove siamo in pochissimi, e dove la piscina ha già terminato i suoi lavori. Per cena andiamo a piedi in centro storico, meno di 300m, trovandolo totalmente vuoto, eppure è venerdì sera. Scegliamo un ristorante non imbarazzatamente vuoto, ma in una grande sala da Gabriele ci saranno comunque altri 2 tavoli occupati, mangiamo prevalentemente primi piatti con un assaggio di 4 portate, tra cui i calurgiones di cui nemmeno conoscevo l’esistenza, occorre tempo per le ordinazioni, ma i prodotti sono freschi e di qualità (21€). Un giro per il centro storico deserto tra la Torre di Mariano ed il duomo, rientriamo a riposarsi, mentre il cielo nasconde le stelle, l’indomani sarà a rischio pioggia.

Carbonia, la grande miniera di Serbariu

Sabato

Testata la temperatura per accedere alla lauta colazione, approfittiamo del buffet servito, dopo una notte che ha rovesciato pioggia con vento forte. Strada bagnata e qualche tenue goccia di pioggia, le tute da acqua dopo poco diventano superflue, anzi, fanno caldo lungo la SP49 che conduce ad Arborea e a seguire la dritta S126 che presa a Terralba conduce a Guspini. Qui è tempo di salire, continuiamo lungo la SS126 verso Arbus e da lì c’immergiamo tra le montagne fino a Fluminimaggiore (circa 80km) che si attraversa tra piccole viuzze. Siamo già nel “celebre” Sulcis, zona mineraria ora non più attiva, dove più miniere son divenute musei, ma la nostra meta si trova poco oltre, circa 11km, ovvero Tempio di Antas-Sardus Pater. Ingresso 4€, possibilità di vedere tutta l’area archeologica, noi ci accontentiamo del tempio, raggiungibile in 5’ a piedi dalla biglietteria. Il tempio romano sorge nella necropoli nuragica, della quale fanno parte i pochi resti del tempio punico, tombe risalenti a 2 periodi distinti dell’insediamento e la parte (evidentemente ricostruita) del tempio romano, le cui colonne rivolte a est danno ancora bella presenza di se. Rientriamo verso Fluminimaggiore oltrepassata la quale imbocchiamo la SP83 destinazione mare. L’impervia costa sferzata dal vento che ci accoglie con la lunga spiaggia e la montagna che sale verso Buggerru pare una vista da fine del mondo in queste condizioni, ma con un fascino forte, un mare agitatissimo che non si ferma prima di Palma di Maiorca. Bella la strada, belle le viste, peccato solo che il clima sia profondamente autunnale, ma poco male, anche così la vista non è male, si nota dalle numerose soste. Il meglio la strada lo offre tra le gole che ci portano a Masua, da dove una strada secondaria scende a mare sormontando la miniera fino alla spiaggia di fronte a quello che gli indigeni chiamano Pan di Zucchero, il grande scoglio denominato Concali su Terrainu. Con un clima “amico” nella limitata spiaggia stazionare immagino non sia così male, come poter raggiungere il Pan di Zucchero pure in pedalò, ma noi abbiamo altre mete e riprendiamo il cammino per Carbonia, una volta lasciata la SP83 la strada è anonima. Nel capoluogo visita d’obbligo alla gigantesca miniera di Serbariu che ci accoglie con portoni aperti, nessun addetto e con un fascino da visione post industriale notevole, tanto che le foto non mancano tra vecchie torri, carrelli per il carbone, macchinari consunti da vento, polvere e pioggia, unica nota, non c’è proprio nessuno ed il museo del carbone pare dismesso così come la miniera. La cittadina, costruita in tutta fretta negli anni ’20 della corsa al carbone merita una visita per notarne la sua costruzione e la piazza Roma, che identifica anche al più ignaro dei passanti il suo passato. Decidiamo di sfidare il clima e spingerci ancora più a ovest, ovvero nel promontorio di Sant’Antioco che si raggiunge sul ramo di terra largo giusto lo spazio della strada ad unirlo all’isola. Alle 15 quando arriviamo nell’omonimo paese pare disabitato, sia il centro, sia la parte sul lungomare, troviamo giusto un bar che serve ancora qualche piatto freddo, il Moro. Un’insalata di tonno riusciamo a recuperarla, acqua e caffè (15€) non prima che un acquazzone la faccia da padrone costringendo a farci migrare da un posto all’aperto ad uno sotto la tettoia che scopriamo non ricoperta, piove pure qui, unica opzione starsene a filo muro, all’interno impossibile perché le proprietarie chiudono e salutano. Ripartiamo quando la pioggia termina, le strade però sono ricoperte di acqua, tuta da pioggia di nuovo in funzione, destinazione a sud prendendo la SS195 e a seguire le tante numerazioni differenti che portano sulla costa verso Chia. Pian piano il sole torna padrone della giornata, lo scenario si rivela grandioso, la costa verso Capo Malfatano spettacolare, e qui le soste per foto si sprecano, la SP71 da Capo Teulada a Chia rimane per me la via a maggior impatto percorsa in tutto il viaggio. Il tempo passa, dobbiamo raggiungere Cagliari, ancora una sosta a Santa Margherita di Pula per visionare dall’esterno il possedimento dell’organizzatore di questo viaggio e subito via nel capoluogo a cui giungiamo attraversando il mare sulla SS195 sulcitana. Cagliari ci accoglie per un tramonto colorato, cosa di meglio che gustarcelo dalla cima di Monte Urpino? Da qui si vede un po’ tutto, dalla sella del diavolo che scende al Poetto (quell’area che chiamano la Copacabana sarda) allo stagno di Molentargius dove si abbeverano i fenicotteri, oppure cambiando area, la città col castello arrossato dal tramonto. A questo punto è tempo di riporre le moto nel parcheggio dell’Hotel e Residence Ulivi e Palme (camera x 2 con uso cucina, colazione a buffet, parcheggio coperto e chiuso per moto, volendo circolo del tennis, 57€) da dove, una volta spremuta al suo massimo una doccia rigeneratrice ripartiamo in taxi per il centro cittadino, facendoci portare al castello (14€), non la zona dove cenare ma da dove rimirare in notturna la città. Anche il quartiere al suo interno merita 2 passi, a dire il vero piuttosto solitari, tra vie minute con abitazioni di ogni tipo, dalla stamberga alla villa patrizia, arriviamo all’imponente bastione di Saint Remy e da lì scendendo la movida è padrona della città. Evitiamo un ristorante al chiuso, in piazza San Sepolcro ci sono più posti al ristorante Principi di Dan (28€) per i calurgiones al forno ed un assaggio di porceddu che si rivela più osso che sostanza. Un giro tra le vie della movida dove con le nostre mascherine saremo scambiati per extra terresti, poi desistiamo sia al giro notturno sia all’idea di rientrare a piedi, saranno solo 3,7km ma un taxi preso al volo ci velocizza il tutto (14€). Percorsi circa 360km in moto.

Capo Malfatano

Domenica

Passato il test temperatura c’è accesso alla colazione con buffet servito, e come da principio del mio amico Sam, a buffet devi guadagnarci. Così facciamo bella figura pure testando i toast preparati al momento dall’addetta. Poi, recuperate le moto dal garage è tempo di partire, passando dal luogo domenicale più tipico, il Poetto, già battuto da svariati avventori, magari il bagno in mare non è per i più, ma il luogo ben sfruttato. Optiamo per la SS125 che sale verso Burcei, un bel susseguirsi di dolci curve di una montagna tagliata da strette valli alberate e rocce rosse. Terminiamo a San Priamo dopo circa 60km, un dimenticato paese con tante piccole ed identiche abitazioni, costruzioni degli anni ’30 che fecero da base per gli operai intenti alla bonifica dell’area, a suo tempo malarica, anche se in realtà il richiamo del villaggio fantasma sarebbe la limitrofa chiesa di Sant’Andrea. Al bar Number One veloce sosta, incrociamo un motociclista locale sulla sua Ducati Scrambler, e quando ci sente parlare ci fa notare come noi 4 prevenienti da Bologna e dintorni non cavalchiamo bicilindrici di Borgo Panigale. Rimediamo col fatto che in 3 su 4 di bicilindrici facciamo uso, il tutto per trovarci il caffè da lui pagato, grazie Carlo (mi par di aver udito questo nome). Ci spingiamo al mare, nell’area di Calostrai, tra l’omonimo stagno e quello di Feraxi da dove si vede Capo Ferrato dominato dal faro. Andiamo poco più a nord, sempre bordeggiando stagni, per far sosta allo stabilimento balneare Coccumeo, dove i più intrepidi affrontano il mare, mentre chi vuole si riposa al sole o all’ombra, magari approfittandone per un pranzo anticipato (9€ per hamburger, acqua e succo di frutta). Continuiamo per Muravera, dove incrociamo anche il fiume Flumendosa, il più lungo dell’isola, a seguire andiamo a Tertenia alternando la strada principale a qualche laterale, in ogni caso strade in perfette condizioni e senza mai incontrare nessuno, giungendo a Tertenia dopo circa 47km. Altra tappa a Barisardo non seguendo sempre la superstrada 125, da qui optiamo per Lanusei, salendo al paese e attraversando i suoi piccoli vicoli facendo tappa nella centrale piazza Vittorio Emanuele II, che dista 16km.


Baunei, chiesa di San Nicola

Da qui scendiamo passando da Ilbono e Tortolì dove incrociamo nuovamente la SS125 che imbocchiamo destinazione Baunei all’inizio della salita per il passo di Genna Silana. A Baunei sosta prima di raggiungere ed oltrepassare i 1.000m del passo, bel tempo, sole e caldo, clima ideale, con vista sulla particolare chiesa di San Nicola, dal portale staccato dal corpo della chiesa, poi via sulla salita che dopo circa 38km porta al passo. La strada, che potrebbe essere considerata una prova speciale di moto salita regala viste spettacolari sulla valle a sud e sul massiccio del Gennargentu a ovest, poi pian piano si apre su altri precipizi, sempre incantevole rimane, anche se i più la prendono come una prova contro il tempo per poi fermarsi al passo, che greggi di pecore e capre attraversano infischiandosene di chi sopraggiunga. Da qui, con temperatura di molto diversa da Brunei, si potrebbero intraprendere vari percorsi a piedi, re indiscusso ovviamente quello che conduce alla gola di Su Gorropu, con passaggi profondi oltre 500m e larghi 4m, indicato come il più profondo d’Italia e tra i più profondi in Europa. Molteplici le possibilità di visitarlo, non siamo qui con l’attrezzatura idonea né nei tempi giusti, ma intanto prendo nota di come poterlo visitare in seguito, gola che si può intravvedere scendendo qualche km la solita SS125 che conduce a Dorgali. Da qui puntiamo ad Orosei lungo la solita strada che taglia le celebri cave di marmo, che tendono a portare polvere di marmo anche sul manto stradale, continuando fino a Siniscola, circa 38km dopo. Dato l’orario e il tramonto in arrivo, per Olbia imbocchiamo la SS131dcn, sorta di autostrada senza pedaggio così da raggiungere in anticipo il luogo d’imbarco e concederci un ultimo giro per il centro cittadino oltre un pasto come si deve. La città è piena di motociclisti che come noi sono in procinto di rientrare, su Corso Umberto I nei tanti ristoranti della via chiusa al traffico è un continuo incrociarsi, facciamo tappa da Molobrin che offre un menù a 15€ (aggiungere le bevande) a scelta tra mare, terra e piatto unico combinato, tempi veloci e qualità molto meglio delle aspettative. Tempo per un ultimo giro a piedi nell’area pedonale poi riprendiamo le moto ed andiamo al vicino imbarco con un’ora di anticipo rispetto alla partenza delle 22, notando come ci sia molta più affluenza che all’andata. In effetti i ponti dove stazionano le auto sul traghetto della Moby sono al completo, ovviamente numerosissime le moto, da qui vado direttamente in cabina ancor prima di salpare per una tonificante doccia, al seguito della quale è tempo di mettersi a letto per provare a leggere un po’ prima di dormire, visto l’orario non proprio da movida. Pare che il mare sia più mosso dell’andata, non lo noto più di tanto, il sonno la fa da padrona nel giro di breve.


Insenatura nei dintorni di Capo Malfatano

Lunedì

Al solito gli altoparlanti con largo anticipo chiamano, anzi pregano di andare a colazione, scelta che non facciamo, ci prepariamo a sbarcare dopo 9:15 di traversata. I tempi per uscire sono più lunghi dell’andata, occorre attendere che una parte di auto parcheggiate si sposti, poi velocemente sbarchiamo per andare a fare colazione con comodo sul lungomare livornese, dopo ha piovuto e non poco, strada completamente bagnata. La mattina uggiosa non porta avventori, la scelta del Delfino (cornetto e cappuccino 2,5€) è dettata più dal parcheggio comodo lungo Viale Italia che altro, saremmo anche pronti a ripartire se non che mentre ci attrezziamo con qualche protezione per la pioggia sentiamo uno strisciare di scooter sull’asfalto. Una ragazza proprio nel mezzo della strada, forse per aver frenato sulla striscia bianca bagnata, cade rimanendo con la caviglia sotto lo scooter, così l’aiutiamo a togliere il mezzo da sopra. Poi sopraggiungono più dottori e infermieri che se ne prendono cura, così partiamo per imboccare la FI-PI-LI, al solito molta attenzione ai numerosi autovelox. Circa 4km prima dello svincolo sulla A1 c’è la coda (mi dicono che siano uno standard), in moto in qualche modo riusciamo a svincolare proprio quando sotto il sole uno scroscio di pioggia si abbatte sulla zona. Ma una volta entrati in A1 scompare, il tempo si mette velocemente al bello, autostrada scorrevole, scelta anche in questo caso della direttissima, alle 10:30 sono a casa a Bologna dopo aver percorso 1.375km totali.


Saluti dal Passo di Genna Silana

Per info

fer4768@libero.it


Gola di Su Gorropu

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