In lettura al tempio tempio Xiangde
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Il viaggio si è svolto tra fine dicembre ed inizio gennaio, inverno ma stagione secca, quindi pioggia rara (una volta, di pomeriggio), poca umidità e niente caldo eccessivo. Nel nord, area di Taipei (capitale di Taiwan) raramente il cielo era sgombro da nubi, temperature massime sui 15°, scendendo al sud clima in miglioramento, si può stare anche in maglietta, temperature che salgono oltre i 20°, di sera però almeno una felpa è necessaria. Per entrare a Taiwan è sufficiente il passaporto con validità di 6 mesi, nessun visto richiesto, pure passando dalla Cina, dove se si ha un biglietto d’uscita si può entrare nel paese per 72 ore. Telefonia, funzionano i cellulari con scheda italiana, occorre verificare col proprio operatore promozioni o contratti, oppure per pochi dollari taiwanesi si può acquistare una scheda locale, quasi tutte le opzioni hanno i dati illimitati, scelta comoda per tradurre quello scritto in cinese mandarino, lingua ufficiale. Serve soprattutto nei mercati o quando si prova ad interagire con la popolazione locale. In tutte le strutture alberghiere c’è il wi-fi, solitamente veloce, lo si trova anche in centri commerciali come alla Taipei 101, la più alta torre del paese, sorta di simbolo nazionale. La moneta locale è il dollaro di Taiwan, al momento dell’ingresso nel paese il cambio era di 1€ per 33,5$. Per quanto si possa pensare ad un luogo ipertecnologico, non è che ovunque le carte di credito siano accettate, incontrato anche un hotel che non le accettava, così come mangiare nei mercati di strada (una delle vere delizie del viaggio), dove sono accettati molti pagamenti digitali ma non con carte, tipologie di Satispay locale. Quindi un minimo di valuta è necessaria, non ho mai avuto problemi coi resti, situazione annosa in tanti altri luoghi nel mondo. ATM ovunque se servono prelievi, io ha cambiato una cifra modesta direttamente in aeroporto, dando un’occhiata in giro tutti i cambi avevano lo stesso valore, con 30$ di costo per l’operazione. La metropolitana di Taipei, estesa ovunque anche fuori città, pratica, veloce ed economica ha il grandissimo vantaggio rispetto ad altre capitali orientali di essere tutta in doppia lingua, quindi cinese ed inglese, questo facilita la possibilità di muoversi in autonomia. Gli addetti alle biglietterie parlano inglese, col biglietto giornaliero (per sola rete metro, ci può essere anche la combinazione coi bus, costa 150$) è fornita la mappa in doppia lingua. A Taipei incontrare persone che parlino inglese è frequente, uscendo meno. Per muoverci fuori dalla capitale avevamo definito un contratto con un pulmino ed autista, trattando sui giorni e le mete, qualcosa variato anche durante il percorso, prenotate le notti in anticipo tramite booking, nel periodo Natale-Capodanno va fatta grande attenzione su Taipei, è tutto strapieno e tutto costa una follia, mentre fuori dalla capitale i costi sono esigui, così come per il cibo se si amano i mercati di strada, compresi quelli notturni, presenti ovunque. I prezzi riportati son sempre da intendersi a persona quando non specificato. Non riporto i km di ogni giorno poiché valgono a poco, riporto i tempi perché soprattutto nelle città il traffico impatta notevolmente. Del resto parliamo di un’isola grande una volta e mezzo la Sicilia con 23,5 milioni di abitanti, quasi tutti concentrati nel nord e sulla costa occidentale fino a sud. Nel centro ci sono montagne fino a 4.000m, poche strade, aperte solo ad auto, non a pullman e grandi camion. La costa est è quella più selvaggia, meno gentrificata. La questione cinese non è di facile confronto con la popolazione, un po’ per via della lingua, un po’ perché sensibile e poco portata a parlarne con estranei. La questione sicurezza nemmeno si pone, difficile immaginare un luogo più sicuro, anche nel mezzo di mercati intricatissimi di genti e bancarelle o nella metropolitana. I nomi riportati son frutto di traslitterazioni prese dalla guida (utilizzata una versione non aggiornatissima ma molto approfondita della Rough Guide in versione italiana di Feltrinelli) o frutto di Google Lens.
Taipei, relax in macelleria
1° giorno
Da Bologna raggiungo l’aeroporto di Malpensa in auto, prenotato in anticipo il parcheggio presso Scuderia Malpensa (55€), gentili e premurosi per avere l’orario esatto di arrivo e spostamento al terminal, che dista 5’ dal parcheggio. Nemmeno il tempo di lasciare l’auto e mi accompagnano in aeroporto. Avendo già fatto il check-in on line in precedenza, nonostante la difficoltà nell’effettuarlo sul sito o con l’app di Air China (un vero disastro), la fila è corta e veloce. Si accede ai controlli pure quelli rapidi per salire sul volo Air China Malpensa-Pechino a bordo di un Airbus A350-900, dotato di schermo personale, accesso usb, possibilità di wi-fi (non provato, non so come funzioni ed i costi), ammennicoli comodi per il viaggio di 8.300km e 10:30 ore. In volo è subito servito il pranzo (mangiato di meglio) così d’avere tempo per riposare senza distrazioni, prima di atterrare una sorta di veloce cena (evitate il piatto cinese, riso in acqua). Lo sbarco a Pechino avviene in una città al gelo, -12°, percepibile anche nel finger che collega aereo ad aeroporto. I controlli sono lunghi, non tutte le macchine adibite a farlo funzionano, siamo spostati avanti ed indietro alla ricerca di qualcuna funzionante. Va ricordato che Air China non fa passare nel bagaglio in stiva batterie al litio, quindi sono in quello imbarcato e vanno poste a parte in questi controlli, Che poi mi pare situazione a caso, ad esempio, delle 2 batterie per la fotocamera, mi han chiesto di mettere a parte quella di riserva, mentre per quella inserita nella fotocamera non han detto nulla. Il tempo per il cambio aereo a Pechino è poco, in larga parte “mangiato” dai controlli, l’aeroporto è deserto, praticamente nulla aperto di notte, volendo c’è il wi-fi, ma molte funzioni sono inibite, di fatto quasi tutti i social, oppure le ricerche tramite google. Tutte operazioni che chi viaggia in Cina avrà predisposto anticipatamente, per chi è solo di passaggio si rivelano un impedimento.
Taipei, mausoleo di Chang Kai-Shek
2° giorno
Il volo Air China Pechino-Taipei su di un Airbus A330 ha meno opzional del precedente, niente schermo, freddo che occorre combattere con la coperta della compagnia, non servita ma recuperabile nelle cappelliere (ed utile come sempre anche in seguito). Volo di 3h, servita una colazione, per me quella continentale pure più gustosa del pranzo precedente, arrivo in perfetto orario e pratiche d’ingresso molto veloci, wi-fi libero e ben funzionante. Terminate le pratiche il bagaglio gira già sul nastro, in zona ci sono alcuni cambi senza nessun avventore, così si guadagna tempo per avere a disposizione un po’ di dollari di Taiwan. I tagli prevedono cartamoneta fino ad un minimo di 100$, al di sotto monete, grande e pesantissima quella da 50. Il trasporto verso l’ostello era già compreso nel pacchetto del pulmino con un costo indicativo a persona di 5€, circa 40’ per arrivare a destinazione, presso I Play Inn, una delle rare possibilità a prezzi fattibili. Si tratta di quei loculi alla giapponese, ben sistemati, con armadietto a disposizione per riporre anche uno zaino molto grande o valigia, dotati di ciabatte per evitare di entrare con scarpe, magari potrebbero esserci più bagni, son 3 per oltre 30 persone. Situato tra 10° e 11° piano in pieno centro, al piano superiore c’è la reception dove si può rabboccare gratuitamente acqua, servono anche bibite e caffè, terrazza per vista sul centro, o meglio sulle altre costruzioni attigue, wi-fi ben funzionante. Il costo è di 1.100$, quasi un affare dato il periodo. Lasciati zaini o valigie, tempo di visite, notando che ad ogni angolo di strade son situati 7-eleven o Family Mark, quindi per emergenze cibo si va sul sicuro. A piedi raggiungiamo il tempio Tianhou, dove iniziamo a familiarizzare con usi e costumi del luogo, qui vengono portati voti, cibo, incenso, e gli abitanti passano ogni giorno per i loro riti, tra qui quello di tirare una sorta di 2 fette d’arancio di pietra colorate nella speranza che s’avveri il voto acquistato all’ingresso. Svettano le immancabili lanterne colorate, usanza che ripercorrerà tutta l’isola, riportate anche in una via attigua lungo tutta l’estensione di questa, per una bella estetica regalata ad una via invece incolore. Non siamo distanti dall’area di Ximending, sorta di zona alla moda del centro, che mostra negozi dai marchi celebri con davanti baracchini con cibo di strada. I primi assaggi partono immediati, ma ci tratteniamo per spostarci in uno dei mercati notturni di cibi più celebri tra i locali, Ningxia, circa 2km a nord, comodamente raggiungibile a piedi. Prima un salto alla Casa Rossa, ora trasformata in gallerie fotografiche e di moda, ed alcuni altri piccoli templi, che sorgono pure in minuti spazi tra una cantina ed un ingresso ad appartamenti. A Ningxia, nel mezzo della via principale, il mercato si prende la strada, si trova di tutto, carne, pesce, dolci, cibi non identificabili, odori fortissimi (il per me terribile fegato), non occorre saper leggere, basta guardare. Alcuni stand hanno anche piccoli tavoli dove poter fermarsi a mangiare, soprattutto se assieme ad un piatto solido è compresa una zuppa ustionante con fagioli saporitissimi. I prezzi sono irrisori, difficile che un piatto costi più di 100$, così da poterne provare vari, e condividendo le scelte si può fare un mix apprezzabilissimo. Per quanto riguarda il bere, non è mai servito assieme al cibo, occorre procurarselo a parte, nessuno farà storie, questo anche in locali veri e propri, se una bevanda di vostro gusto non c’è vi diranno di andarvela a comprare (tanto un 7-eleven all’angolo si troverà sempre) e portarla all’interno del locale. Nonostante che stranieri vi sia poca presenza, non passiamo come un leopardo allo zoo, additati da tutti, bene così. Al mercato di strada, vero mercato di strada, altri che incontreremo saranno un po’ più strutturati, mancano i servizi igienici, ma un parcheggio pubblico è indicato all’uopo. Rientriamo in ostello a piedi, una leggera pioggia ci accompagna, ma scivola via velocemente. In ostello fila per la doccia, del resto 3 bagni per tutte quelle persone son pochi, tenendo pure conto che non son separati servizi igienici dalle docce, quindi occupandone uno per un utilizzo si blocca anche l’altra parte. Ma per questo prezzo a Taipei in questo momento alternative non se ne trovano. Il loculo in realtà ha buoni spazi, dotato d’illuminazione, prese per ricarica e tutto quanto serve per dormire, con coperta stile Tirolo, ovvero lenzuolo con panno incorporato, scomodissima, troppo caldo con, verso mattina un po’ fresco senza nulla, ed allora meglio togliere il panno dal kit ed utilizzare il restante lenzuolo doppio. Ma tutto sommato la prima esperienza col loculo va via bene.
Lugang, cibo da strada
3° giorno
Sveglia nel loculo dopo ottimo sonno, va detto che la notte precedente in aereo gioca a favore del loculo, colazione ad un 7-eleven all’angolo proprio di fronte ai tanti campi da basket della scuola elementare Fuxing. Al piano superiore ci sono vari tavoli dove far colazione in relax (90$, pagabili con carta di credito), poi a piedi alla vicina fermata della metro di Ximen, area contraddistinta dall’arcobaleno sulla via, situazione che par di tendenza tra chi frequenta i social. Biglietto giornaliero per la sola metropolitana (150$), da qui a nord per l’area dei templi con discesa a Yuanshan. Due sono i templi da visitare, iniziamo dal Baoan, considerato uno dei più belli della città, pieno di divinità ma ben visitabile di prima mattina, ancora pochi avventori locali. Già, gli abitanti della città fanno un passaggio quotidiano al loro tempio, un voto vien riposto sempre, ed in alcuni momenti la ressa è notevole, non ora fortunatamente. Quando si parla di tempio storico non si va troppo indietro nel tempo, luogo di culto nel XVIII secolo, edificato ad inizio del XIX, varie torri a cingerlo e per noi insoliti omaggi gastronomici in bella mostra. Proprio di fronte sorge il tempio di Confucio, costruito riprendendo lo stile del tempio originale di Confucio a Qufu (Cina), con svariate sale a cingerne il corpo centrale, ogni sala a rappresentare lo studio dei discepoli. Terminate le visite riprendiamo la metro e senza cambiare ci spostiamo a quello che si può considerare il centro della città, l’enorme area dedicata al monumento a Chiang Kai-Shek. Accediamo all’area dal lato ovest tra gli splendidi palazzi della biblioteca e del teatro nazionale e pian piano ci muoviamo verso il mausoleo vero e proprio, gigantesca costruzione bianca con tetto di cipresso rosso. Sul generale, dittatore, liberatore, si potrebbe parlare per una vita, velocemente prese possesso dell’isola scappando dalla rivoluzione di Mao in Cina nel 1949, fondando la Repubblica di Cina, ancora contrapposta alla Repubblica Popolare di Cina, con le attenzioni del mondo ora rivolte proprio qui con la paura che mosse avventate da una parte o dall’altra possano portare ad un conflitto mondiale. Nella sala principale del mausoleo (anche se Chang Kai-Shek non è qui sepolto) c’è un’enorme statua che la raffigura, protetta da guardie che ad ogni ora compiono il cambio, movimento che attira ancor di più i visitatori. Nella parte sottostante si trovano gallerie e musei, ovviamente inneggianti al generale, tralasciando gli anni del terrore nei confronti dei nativi isolani e non solo. Partendo dalla parte opposta del mausoleo, passando dalla porta est, Jungfu, si arriva al palazzo presidenziale, grande palazzo in mattoni rossi dallo stile britannico, costruito durante il dominio giapponese ad inizio XX secolo. Svetta la torre al suo centro, a lungo la più alta della città fin quando i grattacieli non hanno iniziato a farla da padroni, si può vedere dal fronte ma non avvicinarsi, da lì velocemente si arriva al parco della pace 28 febbraio (chiamato anche Parco della Pace 228), dedicato alle vittime dell’incidente esploso il 28 febbraio del 1947. A lungo rimosso, con code di repressioni che in 10 giorni costarono circa 30.000 vittime tra i nativi dell’isola da parte dei nazionalisti cinesi, in forte difficoltà nel continente per l’ascesa di Mao. Solo nel 1995 tutto questo sarà riconosciuto, fatto che dal 1949 causò l’emissione della legge marziale da parte di Chiang Kai-Shek, abolita solo nel 1987. C’imbattiamo in una sfilata di modelle con abiti tradizionali indonesiani, un set vero e proprio, sullo sfondo le tipiche costruzioni di stile cinese a far da scenografia. A piedi passiamo dalla chiesa presbiteriana Chi-Nan, gli addetti sono presenti e aprono per noi la chiesa, niente di particolare, se non alcuni dipinti sulle vetrate, volendo servizi igienici a disposizione sul fianco. In zona alcune antiche costruzioni adibite ora a palazzi governativi non visitabili. Da lì, sempre a piedi, raggiungiamo il Cavemen Hostel, luogo dove soggiorneremo al rientro a Taipei per pagare in contanti anticipatamente, il flusso turistico in quei giorni consiglia una manovra del genere. Ma prima proprio nei paraggi un assaggio di cucina locale, uno di quei piccoli posti dove si sceglie tutto ciò che si vuol intingere nella zuppa, una bacinella ed una pinza per recuperare il cibo, verdure, carne, pesce, noodles e chissà cos’altro, il tutto è pesato e si paga quello (100$), si sceglie poi la zuppa, già quelle standard tendono al piccante quelle indicate spicy hanno un’intensità da far piangere. Buon piatto, pure veloce, tè verde servito gratuitamente, per altre bevande meglio procurarsele fuori dal locale. Sulla via principale si sta svolgendo una manifestazione in vista delle prossime fondamentali elezioni politiche, poca gente e tutto sommato molto tranquilla, ad alcune persone che osservano proviamo a chiedere a cosa facciano riferimento, ma le risposte son sempre vaghe. Ora, rifocillati, in metro raggiungiamo la Taipei101, il grattacielo più alto dell’Isola, 508 metri che a lungo son stati la costruzione più elevata del pianeta. Occorre seguire l’indicazione per l’osservatorio nel dedalo dei grandi magazzini di marche celebri al suo interno, saliti, all’ingresso va fatto il cambio biglietto (acquistato in largo anticipo, 17,31€) a seguito del quale occorre mettersi in fila, attesa di circa 20’. Si sale all’88° piano in circa 37 secondi, non si nota la velocità, all’arrivo si esce in una sorta di grande giardino attorno al corpo centrale della torre. Al momento, date le condizioni atmosferiche, non è possibile uscire sulla terrazza esterna posta all’89° piano, dietro le vetrate si può ammirare il panorama, l’orario scelto è quello che ci permette di veder la città illuminarsi. Quello che fa strano, è dato dal fatto che le genti del posto utilizzino lo spazio come picnic in quota, organizzano angoli dove mangiare, divertirsi, fare mille foto, in più parti accedere alle vetrate per gustarsi il panorama non è semplice, aiuta il fatto che loro prediligano gli spazi dove ritrovarsi a quelli più fotogenici, salvo che non ci siano coreografie con babbo natale o robe pacchiane del genere, richiestissime. Ammirato il panorama da tutti i lati, non posso non andare a vedere l’enorme palla dorata che funge da contrappeso per equilibrare la struttura in caso di terremoti, una soluzione a 500 metri d’altezza che tranquillizza ma pure un po’ inquieta. Nel frattempo il clima è migliorato e la terrazza all’aperto è fruibile, permette di vedere la città solo da un alto, non si può fare un anello, il vento quassù è tremendo, senza adeguate protezioni par di essere bruciati vivi dal freddo, ma che gusto rimirarsela così. Sia quassù agli ultimi piani, sia nella parte dei negozi in basso, attivo il wi-fi libero, comodo per comunicare se non tutti hanno gli stessi tempi. Poiché la città illuminata propone una visione diversa, in metro torniamo al memoriale di Chang Kai-Shek, che regala una vista completamente distinta con questi colori, avvantaggiati anche dal riflesso su alcune pozzanghere a rispecchiarne la grandezza. Per cena decidiamo di andare al mercato notturno di Shilin, a nord, in metro, più strutturato di quello di Ningxia ed ospitato in strutture vere e proprie, meno baracchini lungo la via. Dopo un po’ di lotta, troviamo posto in un minuscolo tavolo da un cuoco tutt’altro che disponibile, ripaga però in qualità anche se ogni piatto è preparato negli stessi tegami (a vederli direi da quando scappò da Mao nel 1949…), sarà per quello che pure un tofu qualunque pare prelibato. Mescoliamo i piatti traendone un’ottima cena, ma non potendo entrare (una tenda per tetto, niente di più) con bevande perché l’integerrimo cuoco non vuole, unico ad avere un atteggiamento del genere, finiamo ad un 7-eleven nei paraggi per abbeverarci. Al termine della cena, pescando la traduzione di un grazie mille, tutto veramente ottimo, strappiamo un sorriso dal cuoco-dittatore, soddisfazione che si aggiunge al gusto della cena. La distanza dall’ostello ci spinge verso un rientro in metro così da guadagnare tempo verso una doccia che ci vedrà ovviamente in fila, dati le poche a disposizione. Giornata intera senza aver mai visto il sole, evitata la pioggia, temperatura mai oltre i 14°, si pensava di meglio date le indicazioni del periodo, ma cieli plumbei a parte, un bene per girare quanto più a piedi.
Sun Moon Lake, tramonto dal tempio Wenwu
4° giorno
Colazione al solito 7-eleven (115$), alle 8 puntualissimo Steve, l’autista del nostro pulmino, è pronto a partire per l’escursione dell’isola. Prima tappa sarà Lugang (o Lukang, secondo le diverse traslitterazioni), raggiunta dopo 3h, con sosta a metà in una sorta di autogrill. Celebre per i templi e gli spuntini di strada, mantiene fede alla nomea, Steve ci lascia a nord, al tempio Tianhou, il più antico e giustamente visitato, su più piani con numerosissime stanze coloratissime ed accesissime, lampade ovunque. Nei paraggi svettano le bancarelle del cibo, ma è presto, tempo per visitare la cittadina scendendo lungo Zhongshan road da cui si dipanano, soprattutto a destra, dedali di viuzze che immancabili portano a templi minori. Proprio lì si trova il complesso del vecchio mercato, ovviamente templi minori in muratura rossa, poi pian piano si scende verso il grande tempio di Longshan, in parte in ristrutturazione. Il tempo volge al bello, temperatura che sorvola i 20°, finalmente l’inverno è alle spalle e girare diviene un piacere. Rientro cercando il vicolo delle 9 curve, strettissimo percorso che deve il nome al mese di settembre, quando inizia ad arrivare il vento gelido, le curve del vicolo lo trattengono e così diviene vivibile quest’area della città. A fianco di costruzioni ancora caratteristiche in legno con decorazioni di pietra intagliate, ne compaiono altre tirate a lucido che fanno da base per alloggi turistici. Sempre presenti anche i servizi igienici, ben tenuti e gratuiti. Al rientro verso il parcheggio come non assaggiare le prelibatezze del cibo di strada, seppie e calamari alla griglia, appena cotti (150$), velocemente tagliati e serviti in coppetta d’asporto, con bacchette per gustarli tra le viuzze del posto? Si riparte, destinazione Shuishe, la cittadina principale sul lago del Sole e della Luna, il più grande lago dell’isola tra le montagne, raggiunto dopo 80’ su larghe vie. Non proprio la perla nella montagna, tanto cemento buttato a caso, si può fare un giro in barca del lago, ma non pare interessante, preferisco farmi una passeggiata sul lungo lago verso il tempio Wenwu svettante sulla montagna che domina il lago nel lato nord. 45’ comodi per arrivare, in piano tranne un centinaio di scalini al termine della passeggiata (che poco oltre è al momento bloccata) che riporta sulla via principale. Imponente, coloratissimo, disposto su più piani, strapieno di campanelle portate in dono dagli studenti per pregare in vista degli esami, regala una bella vista sul lago al tramonto. Sarebbe luogo idilliaco per gustarsi un prezioso oolong tè, ma la caffetteria interna al momento non è operativa. Si può salire sia sulle 2 ali superiori del tempio, sia alla statua di Confucio alle spalle, livello superiore ma vista in parte coperta dal tempio, per il tramonto meglio tornare in una delle 2 ali superiori. Sceso il sole la temperatura scende notevolmente, siamo in montagna, non particolarmente in alto, ma è pur sempre inverno. L’autista interpreta male il nome dell’hotel prenotato, confondendolo con un omonimo b&b, così perdiamo tempo e dobbiamo circumnavigare il lago, arrivando molto tardi al Lake in Mountain b&b (685$, wi-fi, acqua in bottiglia a disposizione e dispenser, ma niente colazione) di Itashao, che lasciamo immediatamente per trovare un posto dove cenare, qui tutto termina molto presto. Ci accoglie su Dehua st. all’angolo con Wehnua st. un ristorante che la traduzione mi dice “Piatti felici cucinati in casa al vapore”, dove abbondiamo eccessivamente (300$) assaggiando molteplici specialità del posto, qualità ottima. Da qui si può raggiungere l’Itashao Wharf, una sorta di pagoda illuminata sull’acqua, a fianco del visitor center, completamente svuotato di persone già alle 21:30. Temperatura frizzante, non c’è più nulla da fare nel villaggio, se non rientrare in hotel per una doccia calda corroborante.
Kaohsiung, Padiglione Wuli al Lago del Loto
5° giorno
Per colazione recupero alcune paste ad un negozietto di un anziano sempre presente di fronte al 7-eleven (45$), rientro in stanza dove c’è il bollitore e a scelta caffè o tè, per poi partire alle ore 8, destinazione area di Tainan. Prima tappa ad Anping per visitare i resti di un forte olandese denominato Zeelandia (70$) ed in seguito immergersi nelle viuzze prospicienti che mostrano le immagini dei “leoni della spada” sulle poche porte tradizionali ancora esistenti, incontrando lungo le vie anziani del posto che giocano a dama e che si preparano al rito del tè. Non proprio visite imperdibili, va detto, raggiungiamo il centro città di Tainan dove immancabili vi sono bancarelle col cibo, dove testo un’ottima zuppa (100$) comprensiva di svariati ortaggi e carni in luogo senza nome, niente cartelli sul posto, menù su carta solo in lingua, poco male, la qualità prevale. Prima, visto il più antico ascensore dell’isola…poi rientrando il tempio di Confucio (40$), in teoria di tutti i templi di Confucio il più venerato dell’isola. Va detto che alla lunga i templi paiono tutti similari, pochi svettano, dopo giro del centro ripartiamo per la meta finale della giornata, la grande città di Kaohsiung che raggiungiamo dopo circa 1h di viaggio. Tappa primaria al Lago del Loto, in zona nord, celebre per i suoi grandi e colorati padiglioni. Parcheggiato il pullman non distante dai resti del vecchio muro di Fengshan, che pare far parte del complesso di Angkor Wat in piccolo, molto piccolo, percorriamo il periplo del lago in senso antiorario con prima tappa al tempio Qingshui dove si può salire fino in cima. Un ponte pedonale chiude il giro a est per arrivare al tempio di Tainfu e vedere da lontano l’ennesimo tempio di Confucio. Nella parte nord sorgono i vari padiglioni, tutti molto folkloristici, colorati e un po’ pacchiani, ma ben addentro al luogo. Peccato che i 2 più caratteristici siano in ristrutturazione, quelli della tigre e del drago, visitiamo così a fondo il padiglione di Beiji Xuantiang Shang, il Wuli e quello della Primavera e dell’Autunno. Tutti gratuiti, danno l’idea di luna park, meglio non dirlo agli avventori locali. Il cielo si è tinto di bianco, clima caldo, afoso, e blu scomparso, lattiginoso ovunque. Raggiungiamo il Sanduo Hotel in pieno centro (560$, wi-fi acqua in camera ed al dispenser, colazione compresa) che ovviamente lasciamo subito per cercare un tipico mercato notturno. Lo scoviamo non lontano in Ziqiang 3rd road dove optiamo per un piccolo ristorante da strada che serve innumerevoli specialità locali, tra cui una sorta di tigella ripiena fantastica, una mezza luna pure prelibatissima, ravioli di ogni tipo, insomma, il 5 stelle del viaggio (110$) che propone pure un tè verde, per il resto delle bibite occorre prendersele al seguito, in zona si trovano. Per una sera proviamo anche un bar di lusso, tra i consigliati, Bar 5, dalla parte opposta al nostro hotel, ma sempre raggiungibile a piedi. Servono cocktail di ogni tipo con lunga introduzione, consumazione minima di 300$, ma a fronte della mia acqua tonica non infieriscono, gli bastano 100$. Sarà un luogo trendy, ma resta “disabitato”, oppure si animerà ad orari non idonei a viandanti della prima mattina come noi. Rientriamo in hotel sempre a piedi, temperatura buona anche di sera qui al sud vicino al mare, Kaohsiung è la seconda città dell’isola ed il porto principale, uno di maggiori al mondo per traffico di container, immagino il numero spropositato di chip che escono da Taiwan passare proprio da qui.
Lugang, tempio Tianhou
6° giorno
Colazione a buffet in albergo, e come insegna da sempre il buon vecchio Sam, a buffet ci devi guadagnare. Ore 8, come sempre, partenza per l’enorme monastero di Foguangshan, raggiunto in circa un’ora, buona parte spesa per uscire da Kaohsiung. Il complesso buddhista è gigantesco e recente, fondato nel 1967 dal monaco Hsing Yun, raccoglie un grande numero di monaci e monache e svolge l’attività di centro educativo per oltre 1000 studenti. La parte bassa è un immenso spazio attorniato da pagode che porta al Buddha gigante (tra statua e basamento, circa 100m) alla cui terrazza non è possibile accedere. Sotto si trovano sale e musei, ma in realtà la parte più interessante è quella che dal parcheggio sale a sinistra verso il monastero vero e proprio. Una volta raggiunte ed aggirate le costruzioni che ospitano studenti e monaci si accede al monastero vero e proprio passando dalla porta della non dualità. Qui finalmente si può rimirare il santuario vero e proprio, con 3 statue principali attorniate da quasi 15.000 immagini piccole di Buddha che paiono tutte illuminate all’interno di piccoli incavi, luogo magnifico e straniante. Fortunatamente sarà per l’orario o per l’accesso non comodissimo, non c’è nessuno e se ne può gustare la pace assoluta, uno dei pochi luoghi non invasi da gente di Taiwan, percorsi montani a parte. Ripartiamo costeggiano l’oceano sulla road 1, al km 449 sosta per cibo, complesso di legno dove si trovano più negozi ed un ristorantino, o meglio un posto che serve piatti tipici in tempi tutto sommano veloci. Piatti misti (130$), bibite nello stesso negozio, incredibile, poi ripartiamo per inoltrarci a Jhihben nell’omonima foresta nazionale ricreativa, con sosta prima d’entrare nel villaggio di Taitung, raggiunto dopo meno di 3h dal monastero, compresa sosta cibo. L’area forestale dista pochi km, raggiungiamo il visitor center dove si acquista il biglietto d’ingresso (100$) e viene consegnata la mappa dei sentieri, tutti facili, si può fare il periplo del parco in meno di 2h, soffermandosi a vedere la vegetazione ed alcuni animali, molte le scimmie, anche se la particolarità è data dalla presenza del piccolo unicorno cinese, non timido, facile incrociarlo lungo i sentieri. Percorrendoli non incrociamo avventori, senso di pace che si rafforza, un giro nel verde per ripulire i polmoni dopo molta concentrazione di cemento, in questa zona celebre per le acque termali, che proveremo in seguito. Non lontano dalla reception c’è una specie di parco giochi dove tra le altre coese si può provare un passaggio su di un ponte tibetano. Alle 17:30 cala il sole e nella valle il buio arriva prima che nelle altre parti visitate in precedenza, ci appropinquiamo al Chihpen Lucky Hot Sping B&B, antica costruzione nel nulla della foresta (1.185$) dove trattiamo per la cena a parte un orario non troppo anticipato (19:30) per poter poi usufruire delle vasche con acqua calda termale nel suo complesso. Cena passabile e pure abbondante, e poi via, terme, con acqua che emana un intenso odore di zolfo già da lontano. Ci sono 2 vasche, una non bollente (il termometro è fuori servizio), piacevole anche se io non resisto più di 5’ prima di rovesciarmi mescolate d’acqua fredda addosso, una che varia tra 42,3° e 42,9°, un po’ troppo calda, ma l’esperienza tra caldo e freddo ed attimi di relax è un vero toccasana dopo una giornata intensa con vari km percorsi a piedi. L’odore che si emana una volta bagnati è però nauseabondo, ci consigliano di utilizzare il sapone alla menta, e magicamente la doccia di acqua allo zolfo perde il suo olezzo una volta cosparsi di menta. Anche nel bagno in camera si potrebbe rifare lo stesso trattamento, ma l’acqua è meno calda, e la mancanza di un tetto di stelle mentre si “sguazza” nell’acqua calda rende il tutto mesto. L’acqua allo zolfo è l’unica che sgorga dai rubinetti anche in camera, fondamentale quindi procurarsi acqua minerale, che si recupera dai dispenser in hotel per lavarsi i denti. Nella sala comune dell’hotel a disposizione caffè (anche il famigerato coffee mix, che mi ha perseguitato a lungo in Myanmar) e tè, pure quelli sfusi di vario tipo, e come non provarne più di uno? Certo, il rito del tè vero e proprio è rimandato, ma intanto inizio a degustare alcune specialità di tè in foglia a me sconosciute, al di fuori del canonico oolong, simbolo di Formosa, com’era chiamata Taiwan all’epoca dei portoghesi. Il distributore d’acqua fornisce anche quella calda, comodissimo per provare i vari tè. Al termine della giornata, le terme lasciano una pelle morbida e liscia all’inverosimile, ed anche una stanchezza che si coniuga alla perfezione con una nottata silenziosa nel nulla della foresta.
Monastero di Foguangshan, Sala del grande Eroe
7° giorno
Colazione in hotel, piccolo buffet soddisfacente compreso nel prezzo, poi via risalendo la costa verso nord, litorale completamente diverso dal quello occidentale, pochi paesi ed abitazioni, spesso montagne a picco sull’oceano. Primo stop al piccolo parco geologico di Xiauyeliu, che s’ispira a quello più celebre ed imponente di Yeliu a nord. Dal visitor center, ancora chiuso al nostro arrivo, si dipanano alcuni piccoli sentieri che portano al mare ove s’incontrano alcune strane formazioni rocciose di arenaria e roccia scistosa lavorate nel corso dei secoli dal vento. In teoria non si potrebbe abbandonare il sentiero sulla costa, ma di passaggi per arrivare alle rocce ce ne sono svariati, sicuramente battuti da più avventori, così c’inoltriamo tra queste particolari rocce, peccato solo che la giornata sia cupa, cielo coperto e colori spenti. Le rocce più strane sono indicate con nomi del tipo fungo, tofu, fava ecc…30’ son sufficienti per il piccolo percorso. Si riparte, fermata a seguire dopo circa 15’ nei pressi di Dulan al Water Running Upward, ove un piccolo ruscello pare scorrere in salita. Effetto ottico creato dalla conformazione del terreno, Dulan sarebbe celebre anche per alcune spiagge, non certo in un periodo della stagione come quello attuale. Passata Donghe, dopo 10’ s’incontra il vecchio ponte che oltrepassa il Mawuku river proprio in prossimità alla foce. Costruito nel 1930 durante il periodo giapponese, presenta 2 stili architettonici diversi, ora è aperto solo al passaggio pedonale, a cicli e scooter, ma soprattutto alle scimmie, vere padrone del ponte. Si raggiunge dal lato nord, arrivati a sud c’è un sentiero per scendere per giungere fino al mare, passando sotto anche al nuovo ponte della statale 11. Ripartiti in poco più di 20’ si arriva a Sanxiantai da dove si osservano alcune isole montagnose nell’oceano, tra le quali i Tre Immortali, leggenda narra che tre saggi taoisti abbiano visitato quelle isole e da lì il nome. Il promontorio svetta nell’oceano, si scende lungo sentieri asfaltati, per raggiungere un grande ponte pedonale che porta agli isolotti, ma il ponte, ahimè, da anni è chiuso, pericolante e non ristrutturato. Così dobbiamo accontentarci della vista dalla costa, oppure salire su di una roccia proprio prima del ponte da cui godere un panorama migliore, sulla quale sono installate varie telecamere, nella speranza che nessuno venga a richiamarci. Nessuno arriva, bene così, il clima oggi resta pessimo e questa parte di costa, certamente la più affascinante dell’isola, non può essere ammirata al suo meglio. Ripartiamo destinazione Shitiping che raggiungiamo dopo meno di 1h, zona di scogliere a picco sul mare. Una leggera pioggerella si presenta, così posticipiamo la visita alle scogliere raggiungendo il porto poco più a nord a piedi, una volta lì per far passare la nuvola pranziamo in un locale tipico del porto, 石梯小吃, dove osservando cosa mangiano gli avventori indigeni improvvisiamo alcuni piatti, con successo per 80$. Purtroppo il clima invece di migliorare peggiora, la pioggia si fa intensissima e quindi è già molto riuscire a tornare al pullman senza avventurarci su scogliere scivolose, dove la vista è negata da pioggia e nuvole. Tanto vale raggiungere direttamente la meta finale della giornata, la città di Hualien, a circa 2h di distanza. Ci fermiamo al Wuzhi Moutain Homestay (550$, wi-fi, acqua da dispenser) che lasciamo immediatamente per andare a viverci il rito del tè presso Ri Sheng Tea Shop, un negozio specializzato nei tè di tutta Taiwan. Il gentilissimo proprietario ci introduce a quest’operazione sacra per i locali, si tratta di un negozio, ma con possibilità di gustare quello che si preferisce. Lunga e particolareggiata la spiegazione, che passa da traduzione di quanto scrive, perché né lui né la moglie parlano una sola parola d’inglese. Da una grande mappa appesa si può apprendere la derivazione di molteplici tipologie di tè, che variano dall’altitudine (fino a 2.200m) e dal clima, alla fine ne assaggiamo 2 tipi, che hanno metodologie differenti di degustazione, ma entrambe passano da svariate tazzine con o 8 o 12 riempimenti. Quindi calma e tranquillità, dopo lungo tempo decido di acquistare uno di questi tè assaggiati, andando su di un per me sconosciuto Ming Shang Hong Cha. Pago solamente il tè acquistato, delle molteplici degustazioni di 4 persone non vuole nulla, lasciamo 50$ a testa ma si rifiuta categoricamente di prenderli. Con una cultura molto più elevata su questa prelibatezza, meta al mercato notturno di Dongdamen, un vero e proprio mercato permanente, strapieno di negozietti dove trovare infinite soluzioni di cibo, sotto a grandi tende tanti tavoli per mangiare comodamente seduti. Tra ravioli ed un toast ricolmo di qualsiasi cosa si voglia, ceno in grande stile (180$), al negozio del toast mi offrono pure del tè verde freddo come bevanda, meglio di così? Poiché il giorno a seguire avremo una sveglia anticipata, faccio scorta per colazione ad uno dei soliti Family Mark che si trovano ovunque, poi finalmente tempo per una splendida doccia, che vista la giornata non propriamente calda ed estiva, riscalda a dovere.
Sun Moon Lake, al tempio Wenzu
8° giorno
Con le brioche della sera precedente ed un caffè del Family Mark (95$) pronto per la giornata da trekker, destinazione Taroko N.P., il più celebre parco di Taiwan. Situato in una stretta gola lungo il Liwu river, si raggiunge in circa 45’ (più per il traffico in uscita da Hualien che per la distanza) dove ci si procura la mappa dei sentieri al visitor center. Dal parcheggio si può accedere direttamente al percorso Xialzhuili (1,3km) che costeggia il fiume ed evita il tunnel, presenta qualche ponte tibetano e vari scalini di legno, tutto molto facile. Si scorge già la tipologia di formazioni tra laghetti o pozze ad intervallare il fiume che pian piano si stringe per giungere alla confluenza col più celebre percorso Shakadang (4,4km, da fare però a/r), in piano lungo il fiume omonimo. La prima parte, scavata sul fianco della montagna è spettacolare ma invasa di gente, non proprio lì per camminare, ma giusto per giungere prima di metà ad una sorta di “autogrill” denominato Cinque Stanze. Da lì in poi praticamente nessuno, con vista su alcune formazioni rocciose molto belle, qualche piccola cascata ed alcune rudimentali abitazioni private, non so quanto abitate. Peccato non ci siano (almeno non trovate ed indicate) possibilità di fare un percorso ad anello, così da dover rientrare sullo stesso cammino. Questa parte percorsa, con in concreto niente dislivello è oltre 10km, va considerato un tempo da percorso facile, ma il chilometraggio comunque c’è, non potendo tagliare. Col pulmino c’inoltriamo nel parco lungo l’unica strada che lo taglia, intasata come la tangenziale di Bologna alle 8 di mattina, per far tappa al punto più spettacolare in corrispondenza del Tunnel delle Nove Curve, dove altissime pareti verticali son solcate dal fiume ed un sentiero scavato nella roccia a fianco della strada le sovrasta. Prima di prendere il sentiero ci sarebbero i ponti sospesi, come il Liufang, ma imparo alla biglietteria sul posto che andavano acquistati con mesi d’anticipo. Fatico a farmene una ragione, anche per il fatto che non sono presi d’assalto come ipotizzabile, anzi, però devo rinunciare, il percorso nelle grotte regala squarci favolosi, anche se essendo una sorta di marciapiede allargato a fianco della strada è invaso di persone. Ripartiamo per la prossima meta, il percorso Lushui-Heliu, interrotto a metà poiché in pessime condizioni e non ancora ripristinato, a quel punto raggiungiamo Tiangxian, un po’ il centro dell’area, come dimostrano i tanti ristorantini. La metà più gettonata è il tempio Xiangde, arroccato sulla parte opposta del fiume, facilmente raggiungibile lungo un ponte moderno e a seguire scalinate in cemento. Da quassù si gode una bella vista, ma dati i tempi e questa escursione non abbiamo tempo sufficiente per raggiungere nella parte opposta rispetto a Tiangxian, le cascate di Baiyang, giusto il tempo per rimirare qualche scimmia in bella mostra e mangiare velocemente qualche leccornia tra le bancarelle ed i ristorantini (130$, compresi dolcetti). In bus rientriamo con sosta nell’area del santuario Changchun, in posizioni quanto mai fotogenica nel versante opposto sotto le piccole cascate, una della quali scopriremo, scorre proprio al suo interno. Si raggiunge percorrendo un tunnel pedonale lungo la montagna, tutto in piano, poco più di un km, il sentiero che porta all’antico tempio, sul picco della montagna è al momento del mio passaggio chiuso. Vi si trova il monumento commemorativo dei 225 operai morti nella costruzione della strada nazionale 8, quella che tagliando il Taroko N.P. collega est ad ovest di Taiwan. Il tempio buddista, al momento del mio passaggio non raggiungibile, è denominato Chan. Alle 17 la luce lascia gran parte del parco, il canyon la esclude prematuramente, così è tempo di rientrare, per escursioni più approfondite è meglio consultare guide locali e dedicarsi a singole parti, magari rinunciando ad alcuni luoghi del parco, oppure avendo tempo a disposizione, restare più giorni, luoghi per soggiornare nel parco ci sono, compresi campeggi. Rientrati a Hualien, tempo per un buon tè, non col rito completo ma comunque con le vettovaglie tipiche presso il minimalista ma caratteristico Soave Plan (150$) dove servono anche caffè (per chi, abituato a berlo zuccherato, sarà un problema, non conoscono lo zucchero) e torte casarecce. Ceniamo tra le bancarelle lungo la strada (100$) prima che la pioggia s’appropri della serata, così da rientrare in hotel dopo una ventina di km percorsi a piedi nel parco, con poco dislivello, in alcuni casi tanta, tanta gente.
Sanxiantai, le montagne dei 3 Immortali
9° giorno
Colazione la Familiy Mark (90$) e poi partenza per rientro verso Taipei con svariate soste lungo il percorso, variato rispetto all’originale in corso d’opera, con l’ok dell’autista. Prima tappa alla fabbrica del marmo di Kuang Long (260$) che evito per osservare i resti di un antico treno lasciato alla memoria nell’enorme parcheggio antistante. Il luogo è una sorta di Carrara di Taiwan. Poi si prende verso nord, sosta dopo 30’ alle scogliere di Qingshui, lungo l’antica via coloniale giapponese, ovviamente a picco sul mare turchese con spiaggia nera. Bel posto che prende poco tempo, volendo si può scendere alla spiaggia, il clima non permette certo un bagno nell’oceano. Terminate le scogliere, la terra degrada e le montagne lasciano spazio ai campi, coltivai a riso, pure in corrispondenza delle città, come a Su-ao, trasformata in un unico grande lago. La nostra metà è Shifen, raggiunta dopo 2:30’, celebre per 2 attrazioni, le cascate e le lanterne volanti. Decidiamo di andare prima alla ricerca delle lanterne, dal parcheggio dove ci lasciano basta seguire il flusso di visitatori, si entra nel villaggio e lungo le rotaie dell’antica ferrovia per Pingxi ancora funzionante, è impossibile non imbattersi in questo richiamo assoluto per i taiwanesi. In ogni dove si trovano queste lanterne volanti, perché sono una sorta di piccole mongolfiere, aperte sotto dove s’introduce un piccolo fuoco che le fa innalzare. Si compra la lanterna in base al colore a rappresentare il tipo di voto che si vuole richiedere (se non rammento erroneamente, bianco per pace, rosa per felicità, arancione per ricchezza), possono essere di colori misti così da assiemare tutti i voti/desideri, acquistata potete decorarla di disegni o prevalentemente scritte, e poi lanciarla in alto, prenderà a volare da sola riempiendo e colorando il cielo di Shifen. Poi, un po’ come in certi angoli di mondo dove il treno attraversa la stretta via centrale, tutto si ritrae, meglio che lo facciate anche voi, per ritornare sulla ferrovia una volta che questo avrà lasciato la stazione. A parte dei binari un commercio incessante di lanterne, cibo, souvenir, pietre preziose e così via, un assaggio di cibo da strada è doveroso (100$) ripartendo verso la parte opposta di Shifen, direzione cascate. Dal visitor center più sentieri si diramano nel parco, la vista frontale più lontana dal basso è quella più spettacolare, ma troverete un’infinità di piccoli luoghi ove rimirarle, più i sentieri son lontani, meno gente avrete al fianco, di sentieri ne esistono molteplici, in ogni caso il parco non è certo gigantesco, anche camminando casualmente non vi perdere di certo. Un salto di 15m largo poco più di 30m (dipende anche dalla stagione e dalle piogge), niente di eccezionale ma il contesto rende molto caratteristico il luogo. Terminata questa escursione raggiungiamo Juifen, la città delle lanterne rosse, cinese più di tutte le altre città. Traffico enorme per le vie che corrono sotto il villaggio storico, occorre lasciare il pulmino in un parcheggio dedicato e ritornare in città con un bus navetta (15$, tempo dipendente dal traffico, sarebbero 5’ che diventano 15’), con una fila alla cinese su più righe che possono variare a seconda dei gruppi e di chissà cosa, i “butta dentro” chiamano a seconda del numero di persone, della simpatia o di chissà che altro. Impieghiamo quindi parecchio tempo per giungere nel centro storico, completamente pedonale, sul versante della montagna che regala viste oceaniche, tra una folla impressionante, muoversi è praticamente impossibile. Toglie molto gusto alla visita, mentre le luci calano le lampade donano colorazione rossa a Juifen, cerando qualche passaggio fuori dalle canoniche Jishan street e dalla battutissima scalinata di Suqui Road un attimo si respira, ma molta della magia è andata. La vicinanza a Taipei la rende meta comodissima da raggiungere e sempre molto battuta, difficile godersela al meglio, servirebbe pernottare qui, ovviamente sapendolo anzitempo, una tappa da fare. In circa 60’ giungiamo a Taipei presso l’ostello prenotato con largo anticipo e pagato cash per aver la certezza di trovar posto, Cavemen Hostel (3.730$ per un letto a castello in spazi angusti, pure trovare dove lasciare lo zaino un’impresa, wi-fi ottimo negli spazi comuni non in camera, acqua da dispenser, bagni risicati per una popolazione numerosa e non particolarmente puliti, o non sempre) che costa come l’oro poiché tutta Taiwan vuole passare il fine anno a Taipei. A piedi raggiungiamo l’area di Ximen dove c’è già aria di festa imminente, tanti spettacoli per le strade pedonali e ovviamente cibo, provando più banchetti (130$) in un luogo che mette in mostra di tutto, tra baracchine improvvisate, cantine trasformate in ristorantini, negozi scintillanti e luci di ogni tipo. Moderno ed antico che si accostano nel giro di pochi metri, un clima molto sereno, gli auguro di conservarlo a lungo, le elezioni che potrebbero cambiare lo stato dell’isola qualche timore lo immettono, forse più agli stranieri che a loro. Rientriamo in ostello giusto per una doccia e per dormire, i letti a castello (5 castelli per 10 persone in luogo angusto) alla fin fine sono una sorta di loculi con divisori metà di compensato e metà con tendine, i loculi veri e propri del primo ostello son quasi lusso al confronto. Almeno sono dotati di una lampada ed una presa di corrente, oltre ad una piccola mensola dove riporre oggetti.
Parco Nazionale Taroko, scimmie presso Tiangxian
10° giorno
Colazione leggera al Family Mark (49$, su qualche brioche c’è la combinazione sconto col caffè, come mi fa notare l’addetto) perché mattinata alle terme. Molte sono le zone dell’isola ove sgorgano acque calde e terapeutiche, nei dintorni di Taipei il luogo migliore per provarle è a Beitou, paese situano a nord raggiungibile in metropolitana, prendendo la diramazione da Xinbentou, utilizzando pure qui il biglietto giornaliero (150$). Scegliamo di provare le terme presso quelle denominate Millennium, che poi sarebbero le terme pubbliche, si entra a fasce orarie, giunti in anticipo sul turno 10:30-13 prima visitiamo Beitou, passando per il parco centrale tra la biblioteca ed il museo delle terme per giungere alla Valle dell’Inferno, dove le acque giungono alla temperatura di 70° ed in inverno scorgerle è impossibile, avvolte dai vapori ovunque. Il caldo e l’odore di zolfo sono elevati, in una giornata finalmente dal cielo azzurro anche nei pressi della capitale. Abbiamo ancora un po’ di tempo, lo sfruttiamo per salire al tempio Puji, che si trova nella zona a est delle terme, al culmine di scalinate non ben identificate. Pareva chiuso da tempo, non solo nell’orario del nostro passaggio. Prima dell’ingresso delle 10:30 ci mettiamo in fila assieme a tanti avventori locali, 60$ l’ingresso, occorre indossare per gli uomini un costume chiuso, non stile boxer se non di quelli che avvolgono le cosce, per le donne costume interno, anche se qualche occidentale in 2 pezzi l’abbiamo scorta, nonostante all’ingresso chiedano di esibire il costume. Nel caso non si abbia un costume idoneo, è possibile acquistarne uno, paiono più rimanenze che nuovi, ma almeno non si getta la giornata. Tutto all’aperto, qualche armadietto dove deporre le proprie cose (20$, servono monete, non ve le cambiano) con chiave agganciata ad un braccialetto elastico e poi via verso le vasche. Sono 3, si parte da quella sui 40,5° per andare ad una sui 43,5° e poi all’ultima sui 45.6°. Ho provato subito a sentire quella più calda e mi pareva la tinozza dove Obelix cuoceva i romani, il percorso graduale aiuta, quella a temperatura più bassa è un vero piacere, anche se sempre da tutto esaurito. Alle vasche d’acqua calda si accede senza cuffia, se si vuole fare il passaggio a quella fredda occorre la cuffia, altrimenti vi sono docce con telefono mobile fredde, a loro modo pratiche. Ottime per togliersi il caldo intenso che le acque lasciano. Il percorso da una vasca all’altra a temperatura ascendente permette di utilizzarle tutte, anche se quella da oltre 45° la testo giusto per pura sfida, resto immerso per meno di un minuto e mi pare pure troppo. Le 3 ore a disposizione per questo turno son pure troppe, tempo per doccia e cambio abiti nelle cabine a fianco delle vasche e poi rientro in ostello ove depositare costume ed asciugamano impregnati di zolfo, ci sono le asciugatrici (10$), qualcosa fanno, non per lo zolfo. A fatica eseguiamo il check-in online di Air China, sempre una guerra, in qualche modo si riesce, forse, nessuna conferma è inviata. E poi via verso la collina di Maokong, il regno del tè. Si raggiunge arrivando all’ultima fermata a sud della linea rossa, poi 2 opzioni, quella spettacolare della funicolare o quella tutta curve del bus. La funicolare è quella che mostra la vista migliore, la fila è lunga e nel frattempo il cielo si copre, la vista affoga e il vento s’innalza. Acquistato il biglietto (120$) ed atteso il nostro turno (30’) si sale, 4,2km poco più di 200m di dislivello in 4 campate, il vento muove le cabine, la vista sulle piantagioni di tè non è che minima, quando arriviamo in vetta il tempo è pessimo. Ovunque ci sono case del tè, molto turistiche, su indicazione di una produttrice ci consigliano una vera e propria casa del tè non proprio comoda, Chag Xi Tea House (casa del te del mattino), splendido e rilassante posto dove veniamo introdotti senza alcuna fretta alle usanze del luogo. Prima ci portano il kit completo (80$ a persona) poi da una lunga lista di tè c’illustrano uno per uno le specie a disposizione, tutti coltivati nella collina di Maekong. Optiamo per un tè nero delicato ma intenso (300$), per il quale prima siamo istruiti su come gustarlo, perché ovviamente ogni tè ha un suo utilizzo dedicato. S’è creato il clima giusto per la calda bevanda che arricchiamo con biscotti casarecci, lasciandoci cullare in questo grande spazio dove il tempo scompare. Passate innumerevoli tazzine, rabboccata la caraffa dell’acqua calda, girato più tè con le pinze dedicate è tempo di rientrare, non prima che il tè rimasto ci sia consegnato in apposito contenitore. Dato il fresco ed il vento optiamo per il bus N° 10 (15$, per forza in contanti ed esatti), ma causa blocchi legati ai festeggiamenti che a breve inizieranno, dovrà fare un percorso eterno tra mille curve, arriviamo provati alla stazione della metropolitana per andare direttamente a cena presso un tipico ristorante che propone solo ravioli di vario tipo, con le addette che a ciclo continuo ne creano. Tra ravioli di sola carne, o carne con gamberetti facciamo scorpacciata (175$) con tè verde preso dal frigo del locale, poi ci spostiamo di pochi metri per attendere un orario consono alla festa di piazza per il nuovo anno andando al Sidebar, e finalmente in strada in zona prospiciente la Taipei 101, il clou della festa di fine anno. Le vie son state chiuse con largo anticipo, si prende posto per la strada mirando e rimirando la grande torre, che allo scoccare dei 15 secondi al nuovo anno fa partire il conto alla rovescia su larga immagine declamato in coro da migliaia e migliaia di presenti. Allo scoccare della mezzanotte con l’ingresso nel nuovo anno la Taipei 1010 “prende fuoco”, 500 metri di fuochi e spettacolo, auguri vari per quello che a lungo è stata la festa più alta del mondo, ora sorpassata da altre torri, ma che qui resta sentitissima, con strade piene di gente proveniente da tutta l’isola. Il particolare che però contraddistingue il luogo, è dato dal fatto che nessuno creai disagio ad altri, potremmo dire che siano tutti compassati, preferisco dire che son tutti felici se lo sono anche gli altri senza creare disagi. Spenta la torre, io non sono un grande amante di questi spettacoli pirotecnici ma ammetto che sia stato molto bello, pian piano si prende la via del ritorno, ovviamente le fermate della metropolitana sono intasate e si procede per blocchi. Tutti vorrebbero andare verso ovest (la torre è in zona est, penultima fermata), poiché quell’ingresso è ammassato, saliamo sulla metro nel verso opposto per giungere al capolinea di Xiangshan, da dove riparte immediatamente, saliti senza problema, pure trovato da sedere. A conferma di quanto indicato sul biglietto giornaliero, la validità non è legata alla data, ma alla durata del servizio, quindi con metropolitano operante fino alle 2, vale il biglietto acquistato il giorno precedente, veramente gentili questi isoani. Giungiamo così molto comodamente in ostello, alle ore 2 in relax pure già docciato, pronto per l’ultima dormita taiwanese. Erano anni che non trascorrevo un fine anno festeggiando, in precedenza, tra deserti, luoghi dove il fine anno non cadeva nel loro calendario in corrispondenza del nostro, o safari vari in cui serviva sfruttare al meglio quelle ore, non avevo passato l’anno tra così tanta gente da oltre 15 anni.
Hualien, mercato notturno di Ziqiang 3rd road
11° giorno
Sveglia con un’ora di riposo in più rispetto al solito, è pure sempre il 1° giorno del nuovo anno. Colazione deluxe e in relax da Starbucks proprio sotto l’ostello (210$), a seguire utilizzo il poco tempo a disposizione per passare in zona Ximen per buttare l’occhio a come sia sistemata un’area di grandi festeggiamenti solo poche ore innanzi, vuota come il deserto del Rub Al Khali ma con nulla giù di posto. Ne approfitto per un rapido giro finale a fotografare qualche campetto da basket, seppur il mio libro CHI SEGNA REGNA (Edizioni Pendragon) sia già uscito da qualche tempo, la passione resta e chissà se non ci sarà modo di ampliarlo. Taiwan è piena di campi da basket, sovente ben tenuti, quasi troppo perfettini per il mio gusto, ma non si possono non immortalare. Pure in pieno centro, pure di prima mattina all’inizio dell’anno qualche avventore imperversa, esiti non proprio da comunicare a talent scout nella vecchia Europa. Ma il tempo è tiranno si direbbe, occorre rientrare e ritirare in ostello zaini e bagagli, il pulmino contrattato assieme al pacchetto trasporti interni ci attende per il ritorno in aeroporto, raggiunto in 40’. Pratiche al check-in rapide, controlli rapidi pure quelli, attesa al gate con wi-fi libero funzionante. Il volo questa volta prevede il passaggio sempre con Air China per Shanghai a bordo di un A330 non particolarmente dotato di comodità. 2h di volo, servito un rapido snack con bibite a volontà. Atterrati ed entrati in aeroporto, un’addetta raggruppa tutti coloro che hanno come destinazione finale Milano, per pratiche lunghe e senza un gran senso. Chi vuole può uscire, avendo il biglietto d’uscita dalla Cina e restando meno di 72h è possibile, col tempo a disposizione si può giungere nel centro cittadino e restare circa 2:30, opto per evitare questo sopralluogo che mi permetterebbe di vedere ben poco e resto in attesa di nuove dagli addetti alla sicurezza. Dopo un’attesa di 30’ uno a uno siamo chiamati per la registrazione del passaporto, dopo altri 30’ di nuovo richiamati per procedere, in pratica al primo controllo avevano scritto manualmente su di un pezzo di carta nomi e numeri di passaporto, al secondo richiamo verificavano che corrispondesse il passaporto per andare oltre, vabbè. A quel punto, sempre sotto scorta ci accompagnano al controllo bagagli a mano (accuratissimo, solita manfrina per il discorso delle batterie) ed a seguire nella parte destinata ai voli internazionali, gigantesca ma con quasi tutto chiuso. Perlustriamo il vuoto cosmico, c’è una saletta fumatori, incastrata a cielo aperto tra corridoi non identificati, gli accendini sono legati ai cavi per evitare i furti o gli attentati, ovviamente se uno ne aveva al seguito era sequestrato. Poco da fare, pochi posti dove passare il tempo, c’è una birreria (con tutte le carte di credito funzionanti), decidiamo di mangiare qualcosa da Canton 8, prezzi stranamente contenuti per essere un aeroporto internazionale (40y per un buon riso condito, 1€ circa 7,7 yuan), peccato che rifiuti praticamente qualsiasi carta di credito, a parte quella di banco poste, quanto mai salvifica. Nel frattempo, wi-fi libero ed ottimamente funzionante, col solo guaio che google è proibito, così come l’accesso ai vari social occidentali. Chrome è utilizzabile, ma se dovete ricercare qualcosa, che non sia con google, se avete indirizzi in memoria, nessun problema. E così, leggendo, mangiando ed un minimo navigando anche la lunga attesa in un’area dell’aeroporto che un minimo va prendendo vita, è passata.
Parco Nazionale Taroko, Santuario Changchun
12° giorno
Imbarco in perfetto orario sul volo Air China su di un ben più moderno e confortevole A350 destinazione Milano Malpensa (12h). Appena presa quota è servita la cena, poi immediatamente si spengono le luci, se non si vuole passare il tempo con l’intrattenimento fornito dallo schermo individuale si può tentare di dormire, la lunga tratta permette di non essere disturbati a lungo, fornita coperta, non mascherina copri occhi, mentre l’appoggiatesta ha le alette richiudibili per evitare posizioni scomode alla testa. Durante questo periodo le hostess continuano a passare con bibite, prima dell’atterraggio è servita una corposa colazione, il miglior cibo “gustato” nei 4 voli, poi in perfetto orario atterriamo. L’attesa al controllo passaporti comunitari è infinita, con uno extra si farebbe in un attimo, tanto che quando lo oltrepasso, il mio zaino è già lì che gira sulla cinghia di riconsegna. Una telefonata al gestore del parcheggio Scuderia Malpensa, in poco tempo la navetta arriva e mi riporta all’auto, già accesa e riscaldata, per fortuna, il -5° aveva fatto ghiacciare i vetri, così invece posso ripartire immediatamente per Bologna, con temperatura che pian piano risale. Resta così un bel ricordo di una Taiwan ancora indipendente, chissà per quanto, gli auguro a lungo, le differenze burocratiche toccate velocemente con mano nei passaggi cinesi rispetto a quelli dell’isola sono giganteschi, ed ovviamente tutti a favore di quest’ultima.
Taipei, festa di Capodanno alla Taipei 101
Per info
Parco Nazionale Taroko, percorso della galleria dalle nove curve
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